... Nelle molte giornate del cammino da effettuare, ve ne saranno di radiose e di necessariamente in ombra ed è principalmente in queste che il pubblico dovrà farse maggiormente sentire vicino agli atleti. Il campionato non si arresta né alla terza, né alla quarta domenica [...] quindi: avere fermamente fiducia! La vittoria, ne siamo certi, bacerà ripetutamente il nostro vessillo... Luigi Ridolfi

mercoledì 29 luglio 2015

Santiago-Bergamo

Ore 245... par d'avere una birreria ai piedi del letto.. E' un brusio continuo, mi entra nelle orecchie e mi bussa.. finisce per svegliarmi, resisto forse una decina di minuti poi mi affaccio parandomi la luce del lampione che rischia di abbronzarmi più del sole, ma non riesco a capir da dove arriva.. destra, sinistra.. la stradina lungo le mura è desolatamente ma ovviamente deserta.. ritiro dentro la testa e provo a chiudere la finestra, inutile.. ci vorrebbero i doppi vetri.. il sottofondo resta intatto, diminuisce l'intensità per ricominciare compatto quando vuole.. è un'orchestra che non smette mai totalmente di suonare, tra un quarto d'ora Daniella si alzerà per andare all'aeroporto.. le scrivo due righe, un messaggino di saluto.. mi piace pensare che le arriveranno appena sveglia, il saluto di ieri sera alla fine si è limitato ad una buonanotte secca, non rende merito ai giorni passati insieme, ma la 3 mi nega le ultime briciole di collegamento.. spengo il cellulare e rimando il tutto alla prima wifi disponibile.
tre e 25, oramai gli occhi e la testa sono a giorno, proprio adesso che finalmente l'estate sembra spenta la fuori, solo qualche cantatina isolata.. breve, il gruppo sembra essersi sciolto.. la fantomatica birreria invisibile deve aver chiuso grazie a San Giacomo..
Ore 4, provo a chiudere gli occhi.. vorrei dormire le restanti 5 ore, il guerriero accanto a me dorme felice dopo la battaglia vinta ieri sera e me lo fa capire con una buona e costante interpretazione.. prendere sonno stanotte sembra un'impresa impossibile.
Ore 8e30.. suona la sveglia, è un pò il nostro primo vero giorno di ferie.. cazzeggiamo a letto fino alle nove.. dobbiamo lasciare l'appartamento per le undici, ma la signora del piano di sopra ci terrà gli zaini fino a quando ne avremo bisogno.
Scendiamo in strada in cerca di un barrettino.. è una sensazione strana, nessuno zaino stamani, nessun calcolo.. nessuna cartina.. decido di non mettere gli scarponcini, saranno le infradito a calpestare il suolo italiano.. per i miei scarponcini le ferie finiscono qui..
Ci sediamo e ci ritroviamo davanti la solita colazione degli ultimi quindici giorni.. pane tostato, formaggio fuso e succo di frutta.. sento una piccola agitazione addosso.. alle undici e trenta ho appuntamento col tatuatore e il tempo che manca sembra non passare mai..
Finalmente le undici e un quarto, ci diamo appuntamento di li a un paio d'ore con Sergio e mi presento allo studio con un anticipo che non mi appartiene.. la tipa di ieri sera mi fa firmare i soliti modulini per le varie responsabilità che saranno ovviamente soltanto mie.. mi offre un caffè, poi Unai, il basco che mi tatuerà la concha gialla che per quindici giorni ci ha indicato il cammino, mi chiama al Mac per definire meglio colori, misure e posizionamento del disegno..
La preparazione dello studio, l'attenzione di Unai e della sua assistente.. tutto mi rende tranquillo, mi da fiducia.. Unai mi fa leggere le scadenze di ogni inchiostro, mi apre gli aghi davanti agli occhi.. fa di tutto per conquistare la mia fiducia e ce la fa..
Ci vorranno circa tre ore.. in tre mi controllano la precisione e il posizionamento del tatuaggio.. mi coinvolgono e decidiamo in un misto italiano-spagnolo che si può dare il via all'opera.
Sono curioso, non ricordo più il dolore che può provocare un ago di un tatuatore.. son passati diversi anni dall'ultimo.. Concordiamo con Unai un paio di parole chiave in caso di bisogno poi mi fa cenno col pollice, io gli rispondo e il ronzio della macchinetta avvia a riempire lo studio.. Eccolo.. come la prima volta, è solo questione di qualche minuto, ci si abitua subito, mi concentro.. rilasso i muscoli e cerco di pensare ad altro, il dolore è sopportabile, ma come le altre volte cerco di indovinare a che punto è del disegno, mi giro a controllare e ovviamente non ci azzecco mai..
Ore 1330, saluto sorridente i miei due nuovi e temporanei amici di Santiago, sono soddisfatto.. raggiungo Sergino alle solite scalinate del Caffè Letterario.. sembra apprezzare anche lui, mi racconta della messa del Pellegrino e mi sfoggia il terzo o quarto braccialetto che ha comprato.. per due motivazioni differenti abbiamo varcato l'ingresso della cattedrale da soli e in due giorni diversi.. Ci rientriamo adesso, dopo aver mangiato un panino.. ci sarebbe da abbracciar l'apostolo, ma la coda è insopportabile.. Salutiamo rispettosamente e facciamo il punto della situazione.. decidiamo di avviare le operazioni per il rimpatrio, ci avviamo verso l'appartamento per recuperare gli zaini e nel frattempo cerco una farmacia per comprare il bepanthenol.. sono tutte chiuse.
Ci affacciamo al ballatoio del piano di sopra, recuperiamo gli zaini e mi ricordo che la tipa dello studio si è raccomandata di utilizzare carta asciugatutto per tamponare il tatuaggio ogni volta che lo dovrò lavare.. me l'ha ripetuto in spagnolo, in inglese e in italiano.. rientro nell'appartamento, apro tutti gli sportelli possibili della cucina.. niente carta.. con lo zaino ancora in spalla risalgo le scale e nel mio splendido spagnolo da prima elementare lo chiedo alla signora che mi assicura lo troverò in cucina.. vorrei dirle che ho già dato una prima occhiata, ma non riesco a tradurre la frase.. la signora è anziana e preferisco riscendere le scale, apro la porta, non entro e la richiudo.. mi affaccio alla tromba delle scale e le scuoto negativamente la testa mentre risalgo le scale.. cerco di farmi invitare in casa sua per indicarle un rotolo di asciugatutto che scommetto anche in Spagna ogni casalinga tiene in cucina.. la Signora traccheggia, mi vede avanzare e finalmente mi fa cenno di seguirla.. mentre le ripeto per la dodicesima volta quello che per me in spagnolo dovrebbe voler dire asciugatutto entriamo in cucina.. il rotolo fa bella mostra di se sulla tavola, glielo indico e lei invece di darmene due strappi mi sorride e mi conferma che giù in cucina lo troverò.. anzi, si fa largo e si avvia da sola verso le scale quindi rientriamo nuovamente, sempre con lo zaino in spalla, nell'appartamento del piano di sotto.. io intanto avevo anche mimato lo strappo, mi ero aiutato col traduttore di google ma niente, imperterrita apre lei tutti gli sportelli che avevo già aperto da solo oramai venti minuti fa.. ultimo sportello, si gira verso di me interrogativa.. io allargo le mani, mi arrendo.. e lei mi fa capire che me ne darà un po del suo.. Che ringrazi ancora l'apostolo l'anziana di Santiago perchè in un altra circostanza non avrei avuto pietà..
Ritorniamo in casa sua.. di nuovo in cucina, mi da tre o quattro strappi del suo asciugatutto e soddisfatti ci salutiamo sorridendo.. a metà scale mi sento richiamare, mi giro verso l'alto e la signora mi chiede:"ma di dove siete voi?".. io:" italiani signora".. Lei:"strano perchè io lo capisco anche bene l'italiano..".. le sorrido, meglio raggiungere Sergino..
Sulla via per la stazione dei pullman sembra impossibile trovare una farmacia.. cerco la croce verde con gli occhi e da destra sentiamo urlare:" italiani!"..
Ci giriamo insieme e vediamo arrivare, sorridentissima, la poetessa piemontese che ci abbraccia e ci bacia come dei vecchi amici.. perplessa ci chiede dove andiamo con gli zaini, ci scambiamo un paio di informazioni del tutto inutili e ci salutiamo nuovamente come se avessimo passato insieme gli ultimi sei mesi.. ce ne andiamo mentre ci urla buen cammino, al che mi viene spontaneo urlarle di rimando:".. mi raccomando, continua a scrivere le poesie!".. un sorriso le riempie la faccia, è fiera di se, s'intuisce dallo sguardo.. la saluto da lontano mentre Sergino mi infama sottovoce..
Trovo una farmacia cinquanta metri prima della stazione dei pullman.. facciamo i biglietti e prendiamo un autobus che in venti minuti ci scarica all'aeroporto.. siamo alle battute finali, mi infilo in bagno e volo via la pellicola dal tatuaggio, lavo bene il tutto e lo proteggo con la crema.. il check in è aperto, dieci minuti e ci ritroviamo incodati con i nostri connazionali diretti a Bergamo.. accanto a noi, discreti e in una perfetta fila indiana altri passeggeri ovviamente di diverse nazionalità attendono il loro turno per Parigi.. la nostra coda assomiglia più a una crocchia.. pigiati l'uno sull'altro come se non ci fossero posti sufficienti, c'è chi spinge il proprio zaino tra le gambe di quello davanti a guadagnar terreno.. chi si ferma in quarta fila come se fosse li prim'ancora che arrivassero le spoglie dell'Apostolo.. siamo una nuvola raggruppata davanti alla hostess della Ryan Air.. noi, italiani, non ce la faremo mai a rispettare neanche le regolette più banali..
Scendiamo dalla navetta e ignorando le indicazioni della compagnia il gruppone ingolfa la prima scaletta... con Sergio deviamo per primi verso l'accesso posteriore e ovviamente ci portiamo dietro un codazzo di pecore, alcune delle quali lanciano una corsa tentando pure il sorpasso.. abbiamo gli ultimi due posti, dopo di noi l'aria.. lo spazio vitale che Ryan Air ci dedica fa ululare il mio ginocchio, tempo poco e a decollo fatto mi sdraio una fila avanti con Sergino a goderci un posto e mezzo a testa.
Raggiungiamo Oro al Serio in poco meno di due ore, Bergamo ultima tappa, siamo arrivati al capolinea, parte la musichina e l'ormai noto applauso che tutto il mondo avionico ci invidia.. niente più ostelli, niente più betadine, scarponcini.. nessuna credenziale, ne timbri e pellegrini.. ci vorranno un paio di giorni buoni per realizzarlo, durante il viaggio per Firenze il dolore al ginocchio diventa insopportabile, la stanchezza raddoppia ogni minuto che passa, ma niente potrà cancellare questa meravigliosa avventura che abbiamo affrontato insieme.
Il Cammino per Santiago ti colpisce forte, fin da subito.. ti entra dentro, ti prova.. e ti regala le emozioni più semplici, quelle a cui siamo sempre meno abituati.. quelle con cui si nasce, quando si è neutri, ingenui e privi di confronti, di malizie e storture oramai degne della società di oggi.. il cammino ti da il tempo, te lo regala a piene mani, ti chiede solo pazienza e voglia di conoscerti, di misurarti.. senza paure, senza maschere.. senza muri ne giudizi.. non ti cambia subito, alimenta un processo graduale, passo dopo passo.. che prende le forme quando pensi di essere arrivato alla fine.. sono piccoli punti, virgole.. accenti e gesti con i quali ti trovi a confrontarti quotidianamente... ti meravigliano, ti colpiscono..  e ti chiedi come hai fatto a ignorarli per così tanto tempo, così tanto che ti sembrano appartenere a qualcun'altro.. ecco le famose quote più normali, ridefinisci la scaletta delle priorità, rivedi i valori.. puoi fare a meno di tante, tantissime cose che prima di Leon quasi risultavano fondamentali.. mi son detto mille volte che non si dovrebbe aver bisogno di un Cammino.. ma se serve te ne rendi conto mano a mano che metti i km nelle gambe.. perchè son km che metti anche nella testa, nel cuore.. intrecci rapporti che diventano in poco tempo probabilmente più profondi di quelli che ti porti dietro da anni.. nascono in una situazione di bisogno, di necessità.. ma non è solo tua, non la vivi a una via.. risalta bene la voglia di condividere ogni aspetto.. non si è gelosi di quel che si ha, si condivide perchè puo essere utile ad altri.. che sia un cerotto o un aulin, un succo di frutta o un panino.. un obbiettivo da raggiungere o un pensiero personale.
Abbiamo incontrato molte persone, tante appena incrociate.. tanti saluti.. mille sorrisi, mille parole.. qualcuna ha diviso con noi passi, tempo e parole.. risate, consigli e silenzio.. c'è chi ci ha innervosito, chi ci ha fatto divertire.. chi ci ha accompagnato, chi ha mangiato con noi, chi ha dormito.. chi ci ha ricercato e chi ci ha salutato per poi ritrovarci.. sono stati importanti anche i momenti più duri, fisicamente e mentalmente.. è stato un buon cammino, resta il rammarico di non averlo potuto far da Saint Jean.. sono contento dei piccoli cambiamenti che sento mi si sono attaccati addosso ma sono anche felice che alcune certezze che mi riempivano bene cuore, testa e giornate son rimaste tali anche dopo Santiago.
Prima di partire c'era anche chi mi consigliava di affrontarlo da solo perchè tanto da solo non sarai mai.. ed è anche vero, sicuramente fare affidamento sulle proprie reazioni emotive, fisiche e mentali e aver quotidianamente da rendere conto ad un altra persona può risultare impegnativo e appesantire oltremodo un percorso che lo è già di suo, io ho avuto la fortuna di prepararmi per alcuni mesi, prima quasi per scherzo poi sempre più seriamente con Sergio.. siamo partiti insieme, spaesati come bimbi ai primi campi scuola.. ci siamo rinfrancati l'un l'altro sui primi passi, ci siamo sicuramente misurati, ci siamo appoggiati nei momenti del bisogno.. abbiamo speso migliaia di parole.. condiviso pensieri, idee e contorcimenti personali.. abbiamo provato a darci delle risposte, tante ce le siamo inventate, tante le stiamo ancora cercando e finiremo per non trovarle come tutti, abbiamo saputo rispettare i silenzi, la voglia di star da soli e la necessità di capirsi sempre senza dovercelo dire.. a pensarci adesso, ci siamo ritrovati a Bergamo un attimo dopo esser partiti da Pisa, diciassette giorni volati via come il vento durante i quali ci siamo indubbiamente conosciuti e legati molto più che in cinque anni di Itt..

martedì 28 luglio 2015

Finisterre-Santiago

Ore 5.. l'orologio biologico è oramai abituato e mi sveglia senza rispetto.. mi rigiro un paio di volte e alla terza vedo Sergino che si dilegua furtivo verso il bagno.. ci metto un po a mettere a fuoco la scena e quando il cervello trova il segnale mi chiedo perchè si sia alzato così presto.. non riesco a darmi la risposta perchè svengo nuovamente nel sonno..
Ore 8, suona la sveglia ed è peggio di quella delle cinque, non ci siamo più abituati.. mi sento rincoglionito, ho dormito troppo.. mi fanno male gli occhi e per un attimo ho avuto paura di aver dormito con le lenti.. ma sono semplicemente gonfi.. scendo da quello che sarà l'ultimo letto a castello  spagnolo e senza star troppo a guardare mi infilo le infradito, scendo le due rampe fino a pian terreno dove ci sono i due bagni di servizio. Doccia fatta, mi rifaccio la rampa di scale, entro in casa e giro a sinistra per la cucina, butto il tubetto del dentifricio appena finito e ripasso dal corridoio per rientrare in camera.. passo il letto matrimoniale di Claudia e vado verso il letto a castello.. ci sono tre teste che ancora dormono.. una, la mia, ancora a letto.. no, qualcosa non torna, io sono sveglio e in piedi.. do una sguardatina alla camera nel suo insieme.. qualcosa non torna.. non è la mia camera.. smetto di respirare e sollevo i piedi dal pavimento.. indietreggio cercando di azzerare tutti i rumori possibili.. le infradito sembrano cingoli a pieno regime, guadagno la porta e fuggo dal portone di casa.. il mio appartamento, speculare a questo è al piano di sopra.. mi fermo a ricercare il respiro più adatto e rifaccio un'altra rampa di scale.. Rientro felice a casa mia e solamente quando vedo Sergio ripiegato sotto il letto mi guardo i piedi e mi rendo conto che le infradito che indosso sono le sua.. ho dormito veramente troppo..
Il tempo a Finisterre è più adatto a novembre, fa freddo e pioviggina.. ci fermiamo al primo barrino che troviamo per strada, non è una grande colazione, fa coppia con la sveglia.. Sergino si procura del limone da tenere in bocca durante il viaggio, è un consiglio di Lady Penna Bianca, nel caso di ennesimo pilota da formula1.
Arriviamo a Santiago che sono le undici, sani, salvi e con lo stomaco dolce.. non piove ma l'aria è freschina.. Sergio e Claudia vanno in fuga, io li seguo da lontano, è una strana sensazione, l'adrenalina mi ha abbandonato e cerco solo di limitare il dolore al ginocchio; arriviamo al nostro appartamento che ci ha prenotato Claudia, lei andrà in un albergue che le ha prenotato Daniella, che ha ancora un altra sistemazione.. siamo entrati in un frullatore gestito da altri, ma a noi poco importa, abbiamo un intero appartamento a nostra disposizione, due letti da una piazza e mezzo, una cucina e un bagno tutto per noi.. dei Signori.. siamo quasi a disagio ripensando ai precedenti quindici giorni, ma si sa che ad abituarsi al meglio si fa veloci.. Claudia ci lascia il suo zaino e va in cerca della sua sistemazione.. ci ritroveremo poi per le vie di Santiago.
Ci dedichiamo un breve riposo.. sistemiamo le nostre cose con la rapidità di due bradipi, dopo una quarantina di minuti ci chiudiamo la porta di casa dietro le spalle e ci inoltriamo per le viuzze del centro storico alla ricerca dell'Officina del Pellegrino.. la Compostela ci aspetta.
Dopo un paio di giri andati a vuoto troviamo la cattedrale, ma ancora non è il suo momento e finalmente l'officina.. la fila è composta, porta con se un leggero brusio, ma non ne vediamo l'inizio perchè si perde all'interno di una corte che si apre subito fuori dall'edificio.
Da bravi pellegrini attendiamo il nostro turno, c'è anche la possibilità di richiedere una compostela personalizzata, con tanto di luogo di partenza e km percorsi, ma decidiamo di rimanere sul classico.. arriviamo ad un ipotetica linea gialla ed entriamo al suono di una campanella, tocca a noi.. un bancone senza alcun divisorio con 7 o 8 desk ci aspetta, perdo Sergino, chiamato  più lontano.. mi appoggio al mio desk e sorrido al ragazzo seduto di fronte a me.. il tipo verifica la credenziale, la timbra un'ultima volta e mi informa che il nome sarà scritto in latino.. nel mentre devo riempire un modulino.. le solite generalità, luogo di partenza e motivazioni che mi hanno spinto a intraprendere il cammino.. ci sono tre caselle da poter barrare: motivazione Religiosa, Spirituale o Turistico-Sportiva.. Ci penso su.. voglio essere onesto, Religioso... passo oltre, San Giacomo mi capirà e apprezzerà la trasparenza, traccheggio su Spirituale.. qualche pensieruccio, qualche lacrima, qualche ovosodo mi han fatto buona compagnia.. ma no.. Turistico-Sportivo, ecco la mia scelta..
Il ragazzo mi da la Compostela e io gli do il mio modulino.. mi si allarga il sorriso, scorro rapido fino al nome.. comincio a leggerlo quando il tipo mi richiama l'attenzione..:"per la motivazione che hai barrato non è prevista la Compostela.."... il ghiaccio si impossessa delle mie vene, panico.. ho fatto più di trecento km e te non mi vuoi dare la Compostela?.. mi faccio rendere il modulino e mentre cancello la mia scelta lo guardo chiedendogli:"Spirituale?".. lui annuisce, io barro e baro, insieme probabilmente.. gli rendo il modulino e lo saluto.. tre passi e il tipo mi richiama un'altra volta.. un parto cesareo.. cos'ho combinato stavolta? mi sorride sventolando la mia credenziale.. il mix di sonno ed emozione è letale..
Facciamo un giro all'interno del peregrin store che ci accompagna come all'ikea verso l'uscita dall'officina e disgustati dal picco di business che si è fatto largo in questo mondo fermo al medioevo decidiamo di pranzare a bocadillos..
Ripartiamo per un giro tra i vari negozini dedicati allo shopping compulsivo dell'ultimo giorno.. ci sono un paio di pensieri che ho in testa da quando son partito.. ci perdiamo tra le varie piazze e viuzze.. Santiago ne è piena, localini e porticati fanno da cornice a una città presa d'assalto da zaini, scarponi e bastoncini provenienti da ogni parte di mondo.. un quarto d'ora e Sergino mi abbandona per evidenti problemi nella gestione post pranzo.. la fuga notturna delle cinque ripresenta il conto e lo fa senza aspettare il consenso.. ci diamo appuntamento di li ad un'ora, verso le 16etrenta.. finisco i miei giri e girello intorno alla cattedrale.. mi piacerebbe entrarci con Sergino, traccheggio un pò.. ci faccio un altro paio di giri, senza guardarla poi rompo gli indugi... entro.. l'incensorio fa bella mostra di se lassù in alto.. è ancora fermo, la messa del pellegrino c'è una volta al giorno, la nostra è domani.. mi limito a una visitina rapida e raggiungo il luogo dell'appuntamento.. entro in un bar, il caffè letterario, che domina la piazza da sopra la scalinata.. Sono quasi le 1630.. attendo Sergio e appare Claudia, Daniella è ancora a Finisterre.. il rapporto tra loro due presenta le prime crepe.. una sa dove sia l'altra, ci manca qualche passaggio fondamentale.. usciamo sulle scale e mi arriva un msg di Sergino.. ore 1632..:"ci sono".. ore 1634..:"devo tornare a casa".. la cosa si fa seria, decidiamo con Claudia di raggiungerlo a casa per capire come si sta evolvendo la situazione. Sergino è provato, tiene botta, ma preferisce restare in casa.. io accompagno Claudia al mercatino in cerca di un pensierino per la figlia e per la via incontriamo Daniella praticamente per caso che però ci lascia quasi subito, va a portare le sue cose a casa sua.. il mistero si infittisce.
Durante i giri con Claudia incoccio un tatuatore, non resisto ed entro.. i disegni che espone non mi fanno impazzire.. faccio alcune foto e il tipo mi chiede di evitare.. fingo un pò di interesse, gli chiedo prezzi e orari.. Claudia, tra il disgustato e l'impaurito, gli chiede come si fa a cancellare i tatuaggi.. la miglior domanda da fare a un tatuatore, non c'è dubbio.. continuiamo il nostro giro e trovo un altro tatuatore.. mi fermo a guardare i disegni, solita solfa del primo, niente da fare... non mi conquista, ma il richiamo è evidente, è destino.. il terzo che trovo sulla via per il mercato invece cattura subito la mia attenzione.. ha un tatuaggio simile a come me lo sono immaginato.. il ragazzo, che mi farà poi il disegno, mi fa parlare con una ragazza per le info di rito.. ho tempo fino alle 20 per confermare l'appuntamento per domattina..
Troviamo il mercatino.. Claudia entra e comincia una trattativa estenuante con la tipa.. la mia testa è altrove.. vorrei essere già a domattina e dopo una ventina di minuti siamo tutti e quattro nuovamente insieme.. io che faccio da lepre alla ricerca del tatuatore.. Claudia che finge di aiutarmi, ma in realtà inconsciamente rema contro.. i tatuaggi non le piacciono e non ne fa mistero, Daniella si perde per le vetrine e Sergino chiude il gruppo, camminucchia a mele strinte e mani in tasca, ha un passo che sa più di gestione che di rilassamento.
E' un vero e proprio dedalo.. come in un labirinto ripasso un paio di volte dallo stesso incrocio, mi sento frenato dal gruppetto, ci diamo appuntamento dopo le venti e mi involo per le stradine..
Eccolo.. finalmente, stavo per perdere le speranze.. entro, dieci minuti, pago l'acconto e fisso l'appuntamento dopo aver disegnato col tipo le dovute modifiche che mi ero immaginato..
Adesso basta aspettar che passi la notte..
Ritrovo gli altri sulle solite scalinate sotto il caffè letterario e finiamo tutti e quattro a cena.. pizza per tutti.. Claudia è in vena di divertimenti esagerati.. propone una Queimada.. una sorta di indianata a base di un cocktail che solo a sentirlo descrivere è già troppo dolce.. ci procuriamo il necessario per questo mix mortale per il nostro fegato e soprattutto per il nostro palato e riprendiamo la via di casa nostra mentre la pioggia da il benvenuto a un gruppo musicale che si sta esibendo sul palco di fronte alle scale del caffè letterario.. Entriamo in casa e Claudia non la reggiamo più, ha voglia di far nottata.. io e Daniella vorremmo dormire adesso, Sergino è ancora intento a testare la propria tenuta, è l'unica e sembra non capirlo..
Fortunatamente mancano un paio di ingredienti fondamentali, tra i quali l'accendino per scaldare il mix.. Daniella non esulta per rispetto, ma dentro sta facendo esplodere i fuochi d'artificio.. ha l'aereo alle 7.. tra 6 ore.. a noi non ci par vero di vederle andar via di schiena dieci minuti dopo.
Guardo Sergio in attesa di approvazione ricordandomi il pomeriggio, ricevuta mi infilo in bagno e lo occupo giusto il tempo per le classiche attività di rito prima di imbustarmi a letto, ignaro delle prime avvisaglie che il pellegrino superbo di la in corridoio già sta gestendo a fatica neanche fossero le doglie pre parto.
Dapprima mi avvisa sottovoce.. pregandomi di "accellerare le operazioni".. passano forse due minuti e mi bussa secco e incalzante alla porta senza aggiungere altro.. capisco pochi istanti dopo che la situazione in corridoio sta degenerando.. i passi sostenuti aumentano il ritmo e improvvisamente vedo aprirsi la porta, Sergino continua la sua marcia a impegnare testa e intestino.. le dighe però sono chiaramente aperte, a valle bisogna correre ai ripari.. la nave sta lasciando il porto e tutti e due sappiamo che esiste un solo mare.. e io lo sto occupando inopinatamente.. salto in piedi e dopo aver battuto tutti i record mondiali nella disciplina "pulisciti il culo e rivestiti" mi ritrovo proiettato verso la porta senza neanche toccare terra.. incrocio giusto un attimo il suo sguardo pieno di terrore accompagnato da un chiaro gesticolare tipico dei portieri quando chiedono alla squadra di salire, dei vigili quando devono far scorrere il traffico a causa di un incidente.. ecco, io ai suoi occhi sono un anziano al volante che non ne vuol sapere di mettere la seconda e lasciar libera la carreggiata.. mi vede, nonostante gli occhini anch'essi impegnati a trattenere tutto il trattenibile e intuisce il mio via libera.. come in Matrix ci scambiamo sotto lo stipite della porta un ipotetico testimone con movenze che definire rapide è un affronto.. Usain Bolt a confronto pare Lubos Kubik con la febbre.. il rischio nel veder campo libero è il rilassamento di chi sente propria la vittoria, Sergino mi spinge fuori come un nuotatore spinge l'acqua in vasca.. mi ritrovo solo e al buio del corridoio.. la porta dietro di me chiusa.. di Sergio neanche l'ombra, solo qualche flash che mi fa ricorstruire l'azione, sento uno strappo da dentro che mi fa definitivamente esplodere.. è un boato, dentro e fuori dal bagno.. è una risata unica, enorme e ingestibile.. Sergio da dentro risponde alternando gemiti degni delle peggiori torture di Guantanamo a risatine a denti stretti.. io non riesco a stare in piedi, sento le lacrime che mi rigano la faccia, lo stomaco che mi si contorce.. è un loop vizioso, più rido io, più si lamenta lui la dentro.. sarebbe bastato davvero un solo bastardo secondo di troppo, lo smanaccare stizzito definiva chiaramente gli ultimi istanti di coscienza.. un tempo interminabile si conclude improvvisamente.. si riapre la porta, esce.. provato, ma vincitore.. ripartono le risate, che non riesco davvero a controllare anche stavolta mentre tenta di spiegarmi la dinamica e i momenti clou.. si rende conto che non ci riesce e si lascia andare anche lui.. ci ritroviamo sdraiati ognuno sul proprio letto in preda a risate che ci rimandano al timbratore della cappellina di qualche giorno fa.. e allora diventa impossibile fermarsi.
Passano i minuti e il polso finalmente ci rende un battito consono per prendere sonno, rallentiamo il respiro e cominciamo la fase insperata del rilassamento.. la finestra aperta sulla stradina non filtra le voci.. mancano venti minuti alle una, si spenge la luce, ma il lampione che illumina la strada è generoso e entra in camera nonostante la tenda tirata a inverno.

lunedì 27 luglio 2015

O' Pedrouzo-Santiago-Finisterre

Ore cinque e trenta.. è già un bel via vai.. i due orientali han già lasciato l'albergue da non si sa quanto, ma su di loro avrei vinto la scommessa, fan vita a se.. impreparati come il primo giorno finiamo per far colazione alle macchinette.. un'oretta scarsa ed usciamo tra la foschia infilandoci rapidamente in un bosco di eucalipti.. cominciano gli ultimi venti km del nostro cammino.
Il vento in faccia e il cielo coperto non ci rallentano, teniamo un passo deciso.. grintoso quasi, la voglia di arrivare a Santiago non è descrivibile.
Ci impegniamo in una salitina e per la prima volta da che camminiamo sono io a passare il bastoncino da nordic al prof.. il cielo finalmente si apre, togliamo i coprizaino messi per paura dell'acqua si riparte.
La città sembra dover apparire da un momento all'altro, ma mancano ancora 12 km.. un vecchino fermo a lato del cammino sembra aspettare proprio noi, ed è un pò così.. io tiro lungo, Sergino rallenta e l'anziano gli attacca un pippone esagerato, ovviamente in spagnolo, al quale il prof naturalmente annuisce senza poi capire totalmente l'affaire che gli propone.. solo grazie al fogliettino si intuisce che si tratta di camere in affitto a Santiago.. ci liberiamo dell'affittacamere a fatica, pur di finire le presentazioni camminava di pari passo con noi... scolliniamo e la cappellina di Santa Lucia ci chiama irresistibilmente, timbro sulla credenziale e si riparte per l'ennesima salita.
Passiamo lungo il perimetro della rtve e con non troppa convinzione ci fermiamo al bar di un campeggio per fare colazione... la tensione che si respira ci avrebbe fatto continuare ancora, fino a Santiago.. 
Ore 10, Monte do Gozo.. ecco il monumento che ricorda l'Anno Santo Giacobeo del 1993, ennesimo timbro, di quelli fai da te.. le fila si ingrossano, c'è coda per il timbro e siamo in coda nella discesa che porta in città.. mancano 5 km, ci inoltriamo per delle scalette che affrontiamo come se fossimo sui tacchi.. il dito del piede destro mi lancia ammonimenti tipici del periodo prevescica, mi vien da ridere.. proprio l'ultimo giorno..
Attraversiamo il ponte sull'autostrada ed entriamo in periferia.. si sente bene l'adrenalina di chi ha vinto, di chi alza la coppa.. di chi chiude un cerchio faticoso.. di chi arriva.. è non c'è niente che ci aspetta se non la nostra consapevolezza.. Siamo in città, cerchiamo un cartello che ci possa dar conforto e la possibilità di testimoniare che ce l'abbiamo fatta.. insieme... il cartello finalmente c'è, ci giriamo e per uno strano incanto non c'è traccia di pellegrini.. nessuno che possa farci la foto.. cinque minuti e di là dalla rotonda ne appare uno.. il fotografo che aspettavamo.. finalmente in posa, giglio in mostra e sorrisi da copertina.. sono le 1045.. abbiamo tenuto un ritmo degno dei primi giorni.
Seguiamo le indicazioni per il centro, siamo dubbiosi sul da farsi.. il pullman per Finisterre parte tra poco meno di un'ora.. c'è una piccola battaglia dentro ognuno di noi, una parte vorrebbe entrare in Santiago, arrivare alla cattedrale e godersi l'arrivo per come ce lo siamo immaginati sin dall'inizio, un'altra parte spinge per cercare la stazione dei pullman per arrivare a Finisterre in tempo per la serata.
Ci fermiamo ad un bivio, chiediamo indicazioni.. siamo a metà tra la stazione e il centro.. decidiamo di raggiungere la stazione, verificare l'orario di partenza e fare i biglietti per poi tentare l'ingresso in piazza nel tempo rimanente.. 
Entriamo in stazione e cerchiamo la biglietteria.. una serie di sportelli, numerose compagnie di trasporti.. abbiamo la testa per aria, gli occhi puntati ovunque e l'orologio in pressing che ci sta chiedendo quanto tempo ancora vogliamo sprecare.. una voce fuori campo, femminile:"Alejandro.. Serghio".. ci giriamo e ci ritroviamo davanti Susana e Nieves, anche loro alla ricerca del pullman per Granada.. ci eravamo promessi un pò di tempo insieme a Santiago senza però mai fissare.. c'ha pensato il caso..
Insieme scopriamo che c'è un pullman che parte alle 1430 e viene naturale posticipare la partenza.. pranzeremo tutti e quattro insieme.
Le 1430 arrivano correndo, interrompendo di fatto un pranzo pieno di foto, risate e messaggi vocali inviati ogni dove.. le cugine andaluse ci riaccompagnano alla stazione, loro partiranno in serata.. l'ora dell'addio è arrivata, ci sprechiamo nuovamente in foto e sorrisi.. cominciamo ad apprezzare le nostre prime reazioni.. le prime ferite, le emozioni che ogni ultimo giorno regala, stiamo chiudendo un libro cominciato quindici giorni fa e le poche pagine rimaste le stiamo scorrendo piano, un pò come fanno i giocatori di poker con le carte in mano.. per viverci tutto come è successo dall'inizio, senza perderci neanche una virgola e saranno tutte ventate emotive che ti entrano dentro e ti ritornano a gola anche ore, giorni dopo.. non poteva essere differente.
E' strano dover star seduti per arrivare dove vogliamo andare... ci aspettano due ore di pullman.. con noi salgono anche una tipa col braccio ingessato che avevamo già visto e perso al nostro arrivo a Leon, un tipo incrociato a Palas de Rei mentre pranzavamo.. ci pareva spagnolo, tanto da infamarlo neanche poi così sottovoce mentre barcagliava una fanciulla, ci risulta invece italianissimo e una torinese che scopriamo aver fatto le prime tappone con Claudia.. si piazza nei sedili dietro i nostri e spesso infila la faccia tra i nostri poggiatesta.. ha un timbro di voce fastidiosissimo, sembra sentire la necessità impellente di informarci sul suo sogno.. vuole fare l'hospitalera sulla francigena, scrive delle poesie e noi ovviamente annuiamo sorridenti senza domandarle alcunché.. risposte chiuse che però sembrano ahimè non smorzare l'entusiasmo da hippie mancata.
Devo spostarmi.. cerco una coppia di sedili liberi, devo distendere il ginocchio.. mi siedo dietro la poetessa e allungo la gamba fino a toccare il finestrino.. il dolore si calma, ma non sparisce.. il pilota di formula uno che ha preso possesso del pullman vuole fare il giro più veloce.. Sergio, dalla terza fila, non mi risponde più, alla seconda domanda si alza e si piazza quasi in collo a Alain Prost.. la torinese sembra non accusare la guida sportiva e a più riprese si infila nuovamente tra i poggiatesta sorridendomi.. mi informa che ha appena scritto un'altra poesia, l'unica cosa che riesco a farle è un sorriso di quattro secondi, rischio di vomitarle addosso, devo tenere fermo il ginocchio che fa da tergicristallo sul finestrino e poi sinceramente non me ne po fregà de meno.. cinque minuti e la vedo allungata oltre il bracciolo che racconta della sua passione ad un'inglese.. le passa un foglio con la poesia e l'inglese finge, ovviamente, grande interesse.. abbiam trovato la balia, siamo a cavallo.
Eccoci a Finsterre.. incrocio lo sguardo di Sergino, non ha una bella cera, non ha vomitato per miracolo, ma in un altra vita metterà le mani addosso all'autista frustrato.. scendiamo e troviamo Claudia e Daniella che ci aspettavano.. C'è un piccolo capannello formato da pellegrini e affittacamere.. abbracci di rito e ci diamo appuntamento tra un'oretta.. Daniella sta dalla parte opposta, noi con Claudia in un appartamentino proprio alla fine del paese, all'inizio del cammino per il faro.
Condividiamo la camera con Claudia e un'altra italiana che vedremo due volte, una ci sorriderà e l'altra ci dirà ciao.. stop.. nell'altra camera dell'appartamento ritroviamo la brasiliana di San Martin del Camino che "dorme" insieme a un polacco che scopriremo saper parlare solo la sua lingua.. 10€ a notte e soprattutto non abbiamo orari da rispettare.
Alle 1730 ci avviamo verso il faro.. un'oretta e mezzo di cammino, andatura da spiaggia, senza zaino rischio di volare, ma ci pensa il ginocchio che continua a ricordarmi di se.
Arriviamo al faro che sembriamo li per caso.. la sensazione dura è quella di aver chiuso davvero tutto.. l'adrenalina sparisce lasciando spazio alla stanchezza, ci rilassiamo dabbasso, oltre il faro, seduti sugli scogli mentre beviamo un paio di bottiglie di vino e l'oceano a farci da tovaglia per questo strano aperitivo fatto di olive e patatine.. notiamo che Daniella parla un brasiliano più chiaro, pulito dell'altra brasiliana che ci spiega le motivazioni senza curarsi troppo del fatto che, come a San Martin, continuiamo a non capire una mazza.. il polacco intanto se la stringe bene in abbracci degni delle prime ore dell'innamoramento, non parlerà altro che la sua lingua, ma si spiega bene e la brasiliana apprezza, qualcuno le fa notare che noi di qua, in inglese, capiremmo di più e lei ci accontenta parlandoci un meraviglioso inglese scolastico degno di Panariello, chiudendo tutte le frasi con: "Andestengi?".. Anche Claudia colta probabilmente dai fumi dell'alcool, con uno strano romanticismo dettato dalle onde del mare ci riempie di frasettine da bacio perugina finendo per contraddirsi continuamente.. Sarà la stanchezza, il vino o le puttanate che ascoltiamo però siamo costretti a voltarci a più riprese, reggendoci forte per non volare in mare per le risate che cerchiamo inutilmente di nascondere.
Riscendiamo in paese che son le ventidue e ci ritroviamo a cena tutti e quattro come una settimana fa.. Claudia ci parla dei suoi progetti, del suo prossimo mese che passerà con la figlia a Viareggio.. Daniella chiede la password per la wifi e ci invita ufficialmente a San Paolo.. l'insalata di mare di Sergino non mi sembra la miglior scelta, io preferisco il classico polpo così come Claudia dopo aver chiesto l'ennesima paella che sembrano poter fare solo pranzo.
Rientriamo in camera che l'altra italiana già dorme, sono le una di notte e non ho neanche le forze per lavarmi i denti.. guardo Sergio, abbiamo il pullman per Santiago alle dieci e quaranta.. la sveglia non la metto neanche.. ancora non abbiamo girato l'ultima di copertina.

domenica 26 luglio 2015

Arzua-O' Pedrouzo

Quaranta km..
Più dormiamo e più ci svegliamo con la voglia di dormire, ne abbiamo di stanchezza accumulata..
Dobbiamo guadagnare i bagni prima che si svegli la comitiva padovana altrimenti si rifà notte..
Partiamo da Arzua con un passo leggero, nessuno dei due ha voglia di correre.. non è una gara e la sensazione è che Santiago sia veramente a un passo.. questo lento avvicinarsi mi piace.. e piace anche al mio ginocchio.
E' un continuo filar di eucalipti, tutti correttamente in fila a disegnare strani effetti visivi.. panorami dipinti a mano.. forse per la prima volta sento che il nostro passo è quello lento dei pellegrini, nelle orecchie soltanto il ticchettio dei bastoncini e il respiro ritmato da un cuore appena appena affannato.. si cominciano a veder per terra i primi aghi di pino.. e il sentiero spesso si nasconde tra la tipica boscaglia che poi apre le porte al mare, il passo si fa via via più sostenuto.. il dolore al ginocchio appare puntuale come ogni altra mattina, ma oramai è un altro compagno di viaggio.. Sergio mantiene un passo differente, più lento.. mi fermo per aspettarlo ma mi fa cenno con la mano di continuare..:"..oggi il mio passo è questo, vai avanti..".."ci vediamo al primo barrettino, per la colazione!" gli rispondo.
Anche questo è il Cammino, a volte insieme, a volte ci parliamo.. talvolta ci dividono 50 e più metri, capita di star fianco a fianco in silenzio.. e non mi sono mai sentito solo, mai.. ognuno ha il suo passo, il proprio modo di affrontare la giornata.. ed è nel saper accettare e apprezzare queste diversità la sfida e la soddisfazione maggiore...
Ore 9, colazione.. Sergino conquista due sedie e un tavolino nel cortile esterno, io entro e mi infilo in un gruppetto che occupa tutto il bancone.. le fanciulle cambiano almeno due volte l'ordinazione, il tipo di là dal bancone ha pazienza da vendere, ma mi ci vogliono almeno dieci minuti per poter riuscir fuori con succo di frutta, pane e formaggio.. altri cinque e comincia a piovigginare, la fuga generale ci vede quasi solitari ad aprir l'ombrellone sopra di noi..
Mezz'ora di cammino e mancano 30 km a Santiago.. Claudia proporrebbe una strappata finale a chiudere il cammino... ma non è con noi, sarà già per la via di Finisterre.. a noi basteranno altri dieci km oggi.. il tempo è variabile, qualche nuvoletta qua e la.. è tempo di una pisciatina, Sergino accetta la sfida e ci dividiamo ognuno alla ricerca del proprio albero.. come i cani, mi chiedo perchè sentiamo il bisogno di farla ad un albero se tanto poi finiremo più o meno tutti irrigando tutto quel che c'è.. son domande dalle risposte difficili, condivido il dilemma e ci promettiamo una riflessione nei prossimi km..
Ore undici.. un cane abbaia alla nostra destra.. un altro gli risponde poco più avanti, aspetta che smetta e gli risponde.. neanche venti metri e interviene un altro cane, più a sinistra, nascosto dietro un portone.. anche lui ha da dire qualcosa.. ed è un abbaiare continuo.. chissà cosa continuano a dirsi.. perchè è palese che stiano parlando tra di loro.. e nessuno dei tre accenna a smettere, attendono.. ascoltano e dicono la loro.. non ho mai sentito un cane fioco.. ma la perderanno mai la voce, i cani? giornatina piena di enigmi..
ventitre km, tre a fine tappa.. passiamo sotto a dei cavi elettrici che cominciano a sfrigolare già da prima di esserci sotto.. mi viene spontaneo aumentare il passo.. è un rumore fastidioso che entra nelle orecchie e si ferma a lungo nella testa.. la pioggerellina riprende lenta come i nostri passi e ci accompagnerà per i prossimi km.. a pochi km da O Pedrouzo veniamo risucchiati da un gruppo di Scout, vengono dall'Andalusia... e cantano come dei pazzi.. come alzo l'iphone per una foto di gruppo si accendono tutti.. sorrisi e urla.. pare una premiazione.. Sergino infila nello scatto e si unisce ai sorrisi, scout mancato il prof..
Ore 12 due cavalli ci aprono la pettatina di fine tappa.. O Pedrouzo è lassù che ci aspetta, il nostro albergue rimane defilato dalla strada centrale.. un centinaio di metri ed è già periferia.. ci sistemiamo e riguadagniamo il centro vitale del paesino per il pranzo mentre la pioggerellina si fa più intensa.. bocadillos ai calamari per il prof e un hamburger completo di uovo e bacon per me, le porzioni sono più che generose, ma niente a che vedere col pranzettino di Palas de Rei.. rientriamo in albergue e diamo il via al reposo del pellegrino..
E' una tappina quasi inutile, il paesino idem.. servirà come preparazione all'ingresso di domani in Santiago.. la cena pare uscita da un villaggio vacanze.. uova, bacon e patatine, con cerveza immancabile.. sul rientro ribecchiamo il battitore libero padovano che fa almeno due vasche su e giù per la via salutando e sorridendo a tutte.. lo vediamo uscir di scena per una salitina dalla parte opposta alla nostra mentre accenna un saluto ad un vecchio che gli richiude praticamente la porta di casa in faccia..
Decidiamo di puntare la sveglia alle 530.. il pullman per Finisterre parte da Santiago poco prima di pranzo ed è l'unico della giornata.. l'ultimo è alle 19 e ci sono due ore di viaggio.. non ci permetterebbe la cena con Claudia e Daniella.. Cerco di prendere sonno nonostante lo spagnolo che tira su col naso senza smettere mai.. mi ci fisso e per un attimo penso di scendere a dargli un fazzoletto.. fortuna sua che  ho perso i sensi.. è l'ultima notte prima di Santiago.. e un pò mi dispiace esser arrivato alla fine.

sabato 25 luglio 2015

Melide-Arzua

Tre giorni.. solo tre giorni e Santiago è nostra.
La sveglia sarebbe puntata alle 7, ma almeno un'ora prima già mi godo il soffitto.. la cameratina da sedici letti è silenziosa, non mi par vero.. ci sono solo due bagni al piano.. altri cinque minuti e mi avvantaggio sul gruppo.. non faccio in tempo a pensarlo che qualcuno dabbasso, dalla sfilata di letti di fronte fa partire una sonora sveglia naturale, vabbene che siam pellegrini ma qualcuno mi sa che si è fatto anche male.. fortunatamente son lontano e non pare accompagnata da ombre silenziose che finiscono generalmente per prendere alla gola.. mi ritrovo girato verso il basso a cercar conforto dal prof, ma se la dorme della grossa.. sembro l'unico ad averla sentita, il silenzio appena appena interrotto ricompare come se nulla fosse accaduto, ma se valgono certe regole, beh.. adesso col cazzo che mi alzo per andare in bagno.. sarebbe come costituirsi per salvare la vita al delinquente.. 
Ci ritroviamo in cucina a far colazione con le fanciulle andaluse.. un ciclista pare in preda ad una crisi depressiva, si aggira attorno al tavolo e chiede sommesso se qualcuno ha trovato la sua credenziale.. ci guardiamo con Sergio e contriti rispettiamo il dolore per la perdita improvvisa abbassando nuovamente la testa sui plumcake ufficiali delle colazioni spagnole.. trenta secondi e verifico che la mia sia al suo posto.. non lo vedo ma credo che anche Sergio abbia fatto lo stesso.. perder la Credenziale adesso è un pò come partir da centrocampo palla al piede, bersi mezza difesa, presentarsi davanti al portiere che sviene e lasciar correre via il pallone oltre la linea di fondo senza provare neanche a tirare.. Susana non ci pensa su poi così tanto e regala di fatto la sua credenziale al ciclista, chiedendogli di stare attento d'ora in avanti.. lei la Compostela l'ha già presa alla fine del suo primo cammino.. non smetterò di abituarmi a queste improvvise boccate di gesta di puro altruismo che ci circondano da quando siam partiti.. La cucina va svuotandosi pian piano.. mi guardo i piedi e decido che per oggi posso fare a meno della prevenzione Betadine.. è un azzardo, che toglie una certezza, anzi la prima di tante degli ultimi dieci giorni.. vada per i cerotti.
Si parte ed è bosco.. bosco ovunque.. bosco e ancora bosco.. tanto da far nausea.. 
Passate le dieci ci fermiamo a far colazione.. vediamo sfilare altri pellegrini che ci seguivano, tra di loro pure le fanciulle che si erano attardate all'albergue.. proseguiamo insieme.
Le Andaluse, contrariamente a quel che faceva pensare l'atteggiamento e la convinzione che distribuivano a piene mani, si presentano con un paio di zainetti da sortitina domenicale all'olmo, scopriamo che si fan trasportare gli zaini fino a Pedruozo.. nostra fine tappa di domani.. noi ci femeremo prima, ad Arzua.. tappina, certo.. ma così arriveremo a Santiago giusto in tempo per poter proseguire verso Finisterre, ritornare a Santiago e avere un giorno libero per gustarcela prima di riprendere il volo per Bergamo.. inutile arrivare con troppo anticipo.
Durante il tragitto ci scattiamo un pò di foto.. qualche selfie, panoramiche.. ogni volta pare di dover partecipare a un concorso di bellezza.. Susana necessita di alcuni minuti per specchiarsi e mettersi in posa.. fanculo se il resto della foto fa cacare o viene mossa.. continuiamo per alcuni km rastrellando il tracciato a quattro.. poi ci allunghiamo e definitivamente ci perdiamo con passi differenti..
Sergino mi condivide una cuffia per farmi ascoltare una versione di "Dillo alla Luna" di Mia Martini.. inarrivabile per il prof.. sdubbio un pochino, preferisco di gran lunga l'originale, quaranta km a Santiago.. a pensarci non sembra neanche possibile.
Superiamo Ribaiso e il panorama si allarga.. raggiungo e supero una vecchina con tanto di bastone, alto come lei, zaino più alto ancora, piegata in avanti per bilanciare un peso che pare sovrastarla.. le do il buen camino titubante, sillabando bene come quando ripeto qualcosa per l'ennesima volta a mia nonna.. di rimando ricevo un altrettanto buen camino cazzuto a testa alta.. questa mi sotterra, riparto di slancio e mi obbligo a un passo decisamente inutile... con tanta stima ma arrivare dopo di lei sarebbe uno smacco inenarrabile.. mezzogiorno in punto e siamo ad Arzua, incrociamo il cammino del nord.. il paesino pare la copia dei precenti.. inutili e sconosciuti se non per chi ha intrapreso il cammino francese.
L'hospitalera ci accoglie a muso serio.. ci chiede di attendere il media dia.. "certamiente" la nostra risposta.. poi ci interroghiamo su che ora possa coincidere con sto media dia.. sarà ì tocco fiorentino.. 
Dieci alle una, si ingrossano le fila in attesa di un letto.. Miss Sorriso si accapa fuori e ci fa cenno di entrare.. abbiamo pure il separé, la nostra privacy è tutelata, ma il pellegrinaggio comincia a sconfinare troppo nel turismo.. pochi zaini e molti bagagli..
Doccia.. siamo i primi a entrarci e ce la godiamo fino al black out, nudi e insaponati restiamo in attesa di qualcuno che muova appena l'aria, ideona la luce temporizzata, ma il buio pesto c'ha reso immobili per almeno dieci minuti.. c'è coda all'unico lavello disponibile così optiamo, da texani, per lavadora e secadora.. 
Nel frattempo arriva un gruppone di Padova.. ragazzetti di chiesa accompagnati probabilmente da catechisti.. tra di loro si fa largo, punta di diamante della comitiva, un ragazzetto segaligno, con gli occhiali, perennemente sorridente.. arriva in coda al resto del gruppo.. a letti assegnati, mugugna per la sistemazione e sembra decantare la stanchezza accumulata traccheggiando qualche minuto senza smontare neanche lo zaino.. escono dalla stanza accanto due fanciulle straniere.. il Jerry Calà de noantri non perde tempo e si frappone tra la coppia di inconsapevoli vittime e l'uscita e, ancora sudato fradicio, esordisce con un:"Can I help you?".. buttato li ad aprire le danze, almeno così crede.. le fanciulle lo guardano e si guardano interrogative.. il biondino non si perde d'animo e ripete "Can I help you?" facendo lo spelling,  muovendo il capino e sorridendo ancora, con l'espressione di chi la sa lunga.. al quarto "Can I help you?" si incanta e ripete altre tre volte la domanda, le fanciulle cercano di divincolarsi dalla marcatura stretta e lo stalker abbassa il sorriso e mesto, con lo sguardo che piega verso il basso, congeda la coppietta di prede chiosando con un:"..magari prima faccio una doccetta eh?.. see you later..".. il personaggione delizierà le nostre prossime giornate a sua insaputa pasturando a mani basse ovunque lo porterà questo ultimo pezzo di cammino.
Ghiaccio per tutti e due, Hamburger per pranzo e mentre io porto in fondo i miei compiti da bella lavanderina, Sergino prenota l'albergue per domani... altre due tappine da venti km e siamo da San Giacomo.
Ronfata epocale pomeridiana e quando riesco a riprender coscienza di me ci avviamo per il solito girellino in paese.. par d'essere a Chiesina Uzzanese, con tutto il rispetto.. ci sono pure i bazar gestiti dai cinesi.. c'è poco da fare, sono ovunque.
Decidiamo per un aperitivo in quella che sembra la piazza principale del paese.. la situazione è d'un triste che ho i sensi di colpa per aver tirato in ballo Chiesina.. probabilmente finiamo per cenare nel più infimo localino del paese.. il menù del pellegrino pare composto dagli avanzi sparecchiati da una cena precedente.. ci ritroviamo seduti dove stamani aspettavamo che Miss Sorriso ci facesse entrare.. un paio di Estrella Galizia a testa, gambe distese e ghiaccio sul ginocchio.. Frescheggiamo in attesa delle undici quando l'hospitalera meno ospitale di Spagna comincia a spenger tutto.

venerdì 24 luglio 2015

Palas de Rei-Melide

Stamani si scialla alla grande, scendo in lavanderia a riprendere gli scarponcini che son le 7 passate..
Dalla finestra s'intuisce la pioggia che cade.. prima o poi dovevamo battezzarci pure noi sotto l'acqua spagnola; la corsa al SellopiùBello ci chiede una sosta dopo pochi metri, la chiesa di Palas de Rei è proprio di fronte all'albergue.. il volontario ci chiede una firma, da dove veniamo e da dove siamo partiti con le nostre gambe.. scorro con lo sguardo le partenze dei pellegrini che han firmato prima di noi.. pochi prima di Leon.. moltissimi da Sarria..
Lasciamo il paesino sotto una pioggia battente che si accende e si spegne ad intermittenza.. è tutto un leva e metti il kway.. Sergino abbozza una mise del tutto personale finendo per indossare solo il cappuccio, copre lo zaino con il resto.. un kway a bandiera grazie al vento che arriva teso e fresco.. un Sergino Batman che mi fugge davanti noncurante del tempaccio.
Ore 10eventi.. la pioggia ci da una tregua seria.. siamo mezzi.. di sudore, arriva nuovamente il vento e subito sento la mi mamma fuori campo che mi dice di coprirmi che mi si ghiaccia il sudore addosso.. dieci minuti scarsi e arrivano i primi tentativi del sole... scalda come un microonde, ogni due minuti finisce la corsa e suona la campanella e non c'è nessuno che gira la ruzzola..
Il ginocchio pare rispondere bene alle pasticche e alle discese, accenno un sorrisino.. ma subito mi muore in bocca.. butto gli occhi al cielo e ringrazio San Giacomo per la pazienza.. mi rivedo in bagno, all'albergue che mi tolgo la magliettina "Galizia Calidade", quella per le belle occasioni che c'han regalato su a O' Cebreiro e l'appendo davanti alle docce.. mi sento dire:".. ricordiamocela..".. e mi vedo anche uscire senza magliettina.. abbandonata tristemente nella toilette di un albergue.. azzarderei pure un tentativo andata e ritorno, ma non trovo il coraggio di dirlo al prof.. pace all'anima sua, era destino che la Galizia non mi avesse come omino sandwich all'ingresso trionfale in Santiago.
Ore 1045.. oltrepassiamo un barrino, nessuno dei due sterza, ci buttiamo comunque l'occhio ed ecco che ci appare Esvet in pieno breakfast time.. Sergino tira dritto, camminicchio sul posto, lo allontano con lo sguardo e mi fermo a comprare due banane.. mini.. vedere Esvet felice davanti al suo panino mi ha aperto lo stomaco, raggiungo Sergino con le mie banane.. costo totale dell'operazione 1€.. alla faccia dell'inflazione.
Ci fermiamo catturati dalla scritta Sello, che oramai leggiamo ovunque e come ripestiamo i nostri passi ci accorgiamo che Esvet sta marciando sicura poco avanti a noi.. azzardiamo una corsetta, gli zaini ci tolgono leggiadria.. sembriamo piuttosto due copie Pinocchio muniti di bastoncini.. poco importa l'estetica, la testa ci fa correre.. non è poca cosa con quasi trecento km sul groppone..
Ci ricordiamo che Esvet odia, per non si sa quale ragione, il motivetto che accompagna Indiana Jones nelle sue avventure, la raggiungiamo alle spalle e contiamo fino a tre.. al cenno di Sergio le entriamo in visuale canticchiando a squarciagola la colonna sonora: Impassibile.., alza lo sguardo solo per evitar di pestarci.. maledette cuffie.
Allungo e lascio Sergino con Esvet.. entro in scia a una serie infinita di famiglie munite di bambini, correttamente corredati di zainetti e piccoli bastoncini, mini pellegrini a tutti gli effetti; ne ho uno davanti, avrà dieci anni.. provo a superarlo, ma il giovinastro pare ignorare le più nobili regole del senso civico.. ho trent'anni di più, non sarà proprio come sul 14, ma fammi posto.. il mini pellegrino non molla, provo a tenergli il passo, ma mi va via pare unto.. finalmente accorcio le distanza, il nino si ferma e lo supero.. è vana gloria perchè riparte, mi raggiunge, mi risupera senza patire poi così tanto e mi stacca definitivamente uccidendo il mio orgoglio e la sfida.
Mi raggiungono i due companeros.. Esvet tira dritto e noi la lasciamo andare.. Sergino mi affianca, lo aggiorno sul cimento col pischello e finisce col sostenermi lanciando nuove sfide a un gruppetto di ragazzini.. azzardiamo pure un sorpasso sulla destra.. i tre giovani cedono il passo, ma non siamo noi a superar loro.. sono loro che preferiscono farci passare, ma la storia si sa, la scrivono i vincitori.. noi, su questo, bipassiamo godendoci il primato.
Entriamo nella periferia di Melide.. siamo a tappa, la cittadina fa da incrocio col cammino primitivo che scende dal nord.. ed è famosa per il polpo, dieci minuti e siamo in pieno centro.. polpi ovunque, manca di vederli camminare con gli zaini.
Prendiamo possesso dei nostri letti, l'albergue che ci han fissato da Palas de Rei è di buon livello.. la camerata ha sedici letti, ma solo due per ora sono gà sfatti.. cominciano i preparativi doccia, bucato e relax.. al secondo rientro in camerata conosco Susana e Nieves, titolari degli unici due letti disfatti, spagnole di Granada, Andalusia.. il rimando al Ciclone è quasi automatico e noi sembriamo come due spettatori ad una partita di tennis, anzi, di ping pong, per la rapidità con cui l'una o l'altra ci riempiono di domande.. una sa solo lo spagnolo e se ne batte se non la capisci, l'altra azzarda un buon inglese.. come sempre finiamo per parlare più lingue insieme, facendo da interpreti e traducendo a vicenda mescolando tutto.
Finiamo per pranzare in una panaderia.. un pò come entrare dal panettiere e mettersi a sedere.. un filoncino e due rosette, ripiene però.. il paese è morto, sono le due.. facciamo un giretto, chiesa compresa.. il tempo è ancora indeciso così decidiamo di rientrare.
Sergino collassa a mattone.. io scendo giù in cucina per rimettere in fila i miei appunti, evito le chiacchiere della tv con le cuffie, ho solo gli U2 nell'iphone e me li ascolto in loop.. mi perdo tra le mie parole e quelle di Bono Vox, con tutto il rispetto.. e perdo cognizione del tempo finchè non si allontanano quelle di Bono.. Susana mi toglie le cuffie e mi chiede se voglio far merenda.. mi fa ridere, sarà trent'anni che qualcuno non mi chiede di far merenda, accetto l'invito e mi avvicino al tavolo.
Le fanciulle apparecchiano a brunch.. dieci minuti e arriva sornione pure Sergino, ha le righe del lenzuolo che gli delineano la gota destra, l'occhino di chi ancora non ha deciso se svegliarsi davvero e il timbro di voce di chi ha appena fumato un pacchetto di marlboro.. Ci conosciamo meglio.. le Andaluse sono davvero un ciclone, hanno palabras per tutti.. organizzano una festa di compleanno per una cinese, indottrinano un paio di ciclisti sull'indifferenziata in uso in spagna e invitano altri due pellegrini al tavolo.. ci facciamo consigliare un posticino dove poter gustare il polpo e le salutiamo.. aperitivo a vino tinto e polpo alla gallega accompagnato da patate e pimientos, che rapiranno per sempre il palato del prof.. intratteniamo una mini lezioncina di storia della cucina col cameriere per farci spiegare a cosa servono quel paio di ciotole di ceramica che c'ha portato e da veri galiziani finiamo per ubriacarci di vino tinto sorseggiato garbatamente con i nostri nuovi bicchieri spagnoli; chiudiamo la miglior cena in terra straniera con tiramisù e torta de queso.. memorabile.
Rientriamo in albergue che il freddo ci entra nelle ossa, entrar nel sacco letto è un attimo.. è fine luglio e intanto a Firenze pare l'Africa.

giovedì 23 luglio 2015

Portomarin-Palas de Rei

La modalità ninja ci da sempre grandi soddisfazioni.. Ci ritroviamo in cucina che sono appena battute le cinque del mattino.. il silenzio è interrotto da qualche fruscio, un paio di zip che corrono andata e ritorno.. il resto mi ricorda le mattine di venti anni fa quando mi sentivo appena toccare dal piantone che smontava lasciandomi ben felice il controllo della camerata per le restanti tre ore prima della sveglia, ma quella è un'altra storia.. soltanto una giapponese ci s'infila tra gli zaini, accenno un sorriso.. un saluto, ma non credo abbia mai alzato lo sguardo oltre le mattonelle.. sviaggia tra gli scarponi e il piano cottura,  è intenta a prepararsi la colazione, non ci guarda proprio ma riesce sempre a trovar un viottolino personale che dalla camerata la porta in cucina, poi in bagno, poi nuovamente in cucina.. senza mai intrecciare il suo passo con il nostro.. un automa in piena regola.
Lasciamo l'appartamento spagnolo e ci accomodiamo in terrazza, colazioncina consueta oramai a succo di frutta e plumcake, cinque minuti, inforchiamo i bastoncini, accendiamo le frontali e ci ritroviamo lungo i portici.. alcuni pellegrini ci precedono, altri ci seguono.. da dietro un vago accento pisano mi da il buongiorno:"..no dai, la bandiera della Fiorentina no.."... mi giro senza rallentare il passo..:"E' il giglio di Firenze, prim'ancora.. buongiorno.."
Usciamo da Portomarin dalla parte opposta dalla quale siamo entrati attraversando un ponticino pedonale che ci saluta spingendoci su una pettata intensa, lunga e inaspettata.. attraversiamo una boscaglia che rende ancora più nere le ultime ore della notte.. Con la fine della salita si apre il panorama in un tracciato pianeggiante reso inospitale da una nebbia fitta che finisce per bagnarci i capelli e negarci ancora il sole, Sergino denuncia un sonno mai provato prima, annuisco mentre deglutisco l'antinfiammatorio.. mancano solamente 86 km a Santiago.
Il cammino riprende una pendenza leggera.. di quelle che non senti subito, ma accusi gradualmente.. ci ritroviamo ancora a parlare di Claudia.. troppi angoli, troppe ondate ognuna differente dall'altra.. ci fermiamo a Gonzar per un caffeino e sostiamo a Castromajor per la nostra oramai classica colazione brasiliana.
Si riparte.. in fila indiana... superiamo una statale scavalcandola per finire in una stradina poco trafficata, il sole, timido, finalmente si affaccia ma non vince la partita.. sono le 930.
Decidiamo che la credenziale ha da arrivare a Santiago piena di timbri.. comincia la caccia al sello.. diventiamo perfezionisti.. pignolini e controlliamo ogni sbavatura, dedichiamo una cura maniacale nel timbrare questo librettino di giustificazioni che ci darà diritto alla Compostela.
Entriamo a Ventas, paesino di passaggio senza alcuna evidenza.. fin quando non appare alla mia sinistra una cappellina che mi da il coro a prima vista, tenendomi nascosto l'ingressino.. rallento e devio a cercar notizie... "sello" leggo su un cartellino poco fuori dal portoncino aperto.. mi giro verso Sergino e lo informo.. faccio per entrare, ma mi si frappone un altro pellegrino, sorridente, mi saluta e se ne va continuando a ghignare..
Mi accapo dentro, il buio la fa da padrona, poca luce si fa spazio dall'ingresso.. cinque metri e la cappellina è finita.. dietro ad un altarino il volontario col timbro in mano..
Ale:"Ola.. Buenas dias... (sicuro nella pronuncia)"
Vol:"Buenas dias.. (brandendo il timbro con la destra..)
mi avvicino all'altarino mentre con la destra cerco la credenziale.. abbasso lo sguardo e lo rialzo immediatamente.. un tonfo sordo, poi un altro.. il volontario mi chiede perchè non ho la credenziale mentre timbra con veemenza l'altarino al quale si tiene con la sinistra.. cerco Sergio con lo sguardo che sta entrando:".. Delse aiutami.." e mi rigiro verso l'anziano volontario che già sta per ripartire con la destra per ritimbrare nuovamente l'altarino... riesco a prendergli al volo la mano e mentre gli rallento la corsa avviso Sergino del problema.. l'anzianotto è un non vedente.. ora, vabbene tutto, per carità.. ma mi verrebbe da cercare la telecamera nascosta.. tocca collaborare, diventerà uno dei timbri più sudati, un gioco di squadra per evitare nuovi segni sull'altare e soprattutto timbri alla cazzo a giro per la credenziale.. il volontario non molla il timbro, gli tengo la mano, l'accompagno lentamente sulla credenziale e insieme timbriamo in coppia, a suggellare l'unico simbolino capovolto di tutta la credenziale.. mollo la mano, ringrazio e faccio per uscire.. rischio di non esser troppo rispettoso, sento che mi si sta aprendo una risata da dentro lo stomaco e la strada per la bocca in questi casi è più breve di un respiro, è il turno di Sergino che comincia a spostare rapidamente la sua da destra a sinistra cercando di indovinare dove cadrà la mano col timbro.. mentre esco lo sento esclamare terrorizzato:"qui.. guardi, qui".. impossibile resistere.. mi ritrovo all'aria aperta con Sergino che mi raggiunge di corsa.. gli sguardi s'incrociano e le bocche si spalancano irrispettose in una risata che ci accompagnerà per almeno un quarto d'ora.. camminiamo fianco a fianco per farci forza, una forza che piano piano ci abbandona per far spazio ad un mal di stomaco che non ricordavamo perso nei tempi della scuola, non si riesce a smettere.. cominciamo a piangere, ridendo, tenendoci lo stomaco... che sia questo il diavolo che per almeno tre volte ogni pellegrino incontrerà durante il cammino?.. non lo sappiamo, ma è una risata che si autoalimenta.. ogni volta che incrociamo lo sguardo è un'accellerata.. è sufficiente ripeterci "..guardi.. qui.." per ripiegarsi nuovamente.. è un ridere che finisce e riparte ancora più sonoro di prima, momenti così si contano sulle dita di due mani.. esauriamo definitivamente la voglia di ridere finendo per camminare in un silenzio ripieno di sensi di colpa, ma dura l'attimo di accorgercene.. ci voleva questo spreco di energie.. ci svuota, ma ci riempe allo stesso modo.. ecco il sole, mancano dieci minuti alle dieci e saliamo in quota.. 765 metri, il punto più alto della tappa.
A dieci km da Palace de Rei comincia la discesa verso l'arrivo.. veniamo sorpassati in scioltezza da un terzetto di sessantenni emiliani che recuperiamo al primo accenno di una risalitina che dura poco.. si cominciano a vedere le prime indicazioni stradali per Santiago, passiamo il segnavia dei 70km quando sono le undici.. ogni tanto ci torna a gola la storiella del timbratore folle della cappellina e non riusciamo a gestire le nostre risate.. chiediamo scusa a San Giacomo, pagheremo per la nostra superbia..
Per lunghi tratti tengo alti i bastoncini, li utilizzo solo nelle discese per dar respiro al ginocchio.. Veniamo nuovamente affiancati dagli emiliani che a voce alta battezzano per finita la tappa.. secondo la nostra guida mancano ancora 6-7 km, mi faccio sotto e glielo dico.. scuotono il capo e mi ripagano dicendo che la tappa non supera i 21 km.. ballano almeno 4km con la mia, ma la loro "sochmel, è una michelin, mica può sbagliare..".. se han ragione loro tanto meglio, ma il dubbio che ci accompagna tutti ammutolisce l'entusiasmo tipico della loro terra.
Passiamo il segnavia dei 90km.. la tappa corre via oltre i ventidue km, sottovoce, sento che uno dei tre informa gli altri e il silenzio continua.. il derby dell'appennino è nostro.
Tengo il passo nonostante il ginocchio.. chiudiamo la tappa in 6 ore come avevamo detto stamani, passo leggero e più soste brevi a smorzare la fatica.. senza forzare, i km sulle gambe cominciano a esser tanti anche per noi, i dolori continuano a farsi spazio e la sveglia delle 5 chiede rispetto.
L'albergue è di lusso, pure troppo per noi, sempre solo 10€... più cari a mano a mano che ci avviciniamo a Santiago, non si trovano più i donativi, i privati spesso sono prenotati e i municipali sono presi d'assalto.. adesso i pellegrini si mescolano sempre più spesso ai turisti che si fanno trasportare i bagagli da un albergue all'altro.. si perde l'anima del pellegrinaggio e viene meno lo spirito del cammino francese di qualche centinaia di km fa.
Doccia, bucato e hamburgerone da ricordare.. adesso comincia il recupero.. Palace de Rei è un paesino dimenticato da tutti e ricordato da pochi solo grazie al cammino.. crollo miserabilmente in un sonno da bolla al naso finendo per appiccicarmi le lenti agli occhi.. mi ci vorrà almeno una ventina di minuti per rimetter tutto il mondo a fuoco.. dopo cena becchiamo Esvet e ci accompagniamo ad un'ora consona per richiudere nuovamente gli occhi bevendo un paio di birrette galiziane.. Esvet ci racconta del suo picco di notorietà di ieri quando davanti ad un gruppo di partenopei ha esordito alzando in aria un bicchiere invitandoli nel loro dialetto a "bere per capire se poteva fidarsi di loro" roba che anche Savastano avrebbe avuto i lucciconi agli occhi.. son soddisfazioni quando le alunne superano il maestro.

mercoledì 22 luglio 2015

Sarria-Portomarin

Ore 6, armato di ginocchiera mi abbraccio Daniella che si è svegliata per salutarci.. ci regala una barretta di cioccolato e menta che ancora oggi fa bella mostra di se, integra, niente lacrime.. nessuno parte per il fronte ma soprattutto ci rivedremo tra cinque giorni a Finisterre.
Attraversiamo il ponte che ci porterà nuovamente al centro storico e Sergino mi chiede una sosta cerotti.. meglio uno in più, anche inutile, che una nuova vescica.. ci ritroviamo la pettatina di ieri sera.. scale.. un numero indicibile di scale.. il mio ginocchio devia a sinistra col suo navigatore a evitar ostacoli troppo duri per le prime ore mattutine.. teniamo d'occhio le frecce gialle, le frontali ci illuminano i pochi passi avanti mentre ripassiamo davanti al localino delle lasagne pseudo italiane, freccia a destra e Delse a diritto.. finalmente lo riconosco.
Ci ritroviamo a costeggiare la ferrovia poco fuori dal paese.. qualche pellegrino contromano mina la nostra sicurezza, ci guardiamo terrorizzati a chiederci l'un l'altro se va bene così.. ma nessuno dei due ha la voglia di dubitare.. Esvet ancora meno, con un occhio ancora chiuso ci segue a testa bassa e le cuffie a isolarla dal resto del mondo..
Cominciamo a salire in collina.. qualche fiumiciattolo da guadare e un ponticino alla Indiana Jones, lo prendo sportivo e ovviamente rischio i legamenti.. cominciamo a recuperar terreno su alcuni gruppetti che ci precedono.. Sergino propone l'assalto per recuperar generi di prima necessità.. nonostante l'alzataccia lo sento carico.
Pettatina impegnativa e ci giochiamo la bulgara che sparisce definitivamente alle nostre spalle, finalmente il tratto diventa pianeggiante, circondato da campi di grano ancora acerbi.. il sole fa capolino e mentre mi drogo con l'antinfiammatorio veniamo sorpassati da una coppia di pellegrini da trial.. babbo e figliolo, raggiungeranno Santiago correndo.. il mio ginocchio si fa piccolo e rosso dalla vergogna.
Questo è il tratto che dei cento km.. cominciano ad apparire cartelli che ci accompagneranno più o meno spesso durante questi ultimi giorni.. puro marketing pro Santiago.. spesso artigianale.. definizioni di Assenza, Presenza e di vera Essenza che non tardano a diventar per noi Paranza e Latitanza.. pellegrini superbi e poco rispettosi..
La guida mi indica il segnavia dei 100 a Santiago.. mi muove la curiosità e la voglia di arrivarci aumenta passo dopo passo.. me lo trovo alla sinistra, imbrattato e mezzo nascosto dal verde.. lo supero indicandolo a Sergio col bastoncino.. siamo partiti 230 km fa.
Mancano 9 km a Portomarin... "siamo vicini Nanne.. per i posti nessun problema.. un'oretta e mezzo al massimo e ci siamo".. il superbo riappare spavaldo quando non servirebbe.. spreco rapidamente gesta scaramantiche degne di rigori decisivi.. la sicurezza oramai ci ha conquistato e ci fermiamo in una bodeguina fin troppo scicchettosa per noi pellegrini.. due empanadas e due spremute.. tredici euro... neanche in piazza della repubblica.. 
5km a tappa e Sergino accusa l'infiammazione al collo del piede.. siamo accoppiati bene, finiamo per zoppicare a ritmo.. la maledizione della Cantelli ci ha raggiunto, non mi voglio immaginare la scena da dietro, ma la voglia di arrivare aumenta nonostante il dolore.. ogni zaino che ci si para davanti e che riesco a superare non è solo un pellegrino in meno, ma soprattutto un posto letto in più.. spesso ci ritroviamo a camminare in veri e propri gruppi..
Sergino decide che è guerra aperta.. daremo il buen cammino di rito, ma guai a perdersi in chiacchiere con chi è appena partito.. noi, che abbiamo duecento km sulle gambe, noi.. tsè.. la superbia tocca apici mai visti.. non ci crediamo neanche noi.. e ridiamo a crepapelle prendendoci vicendevolmente per il culo.. 
Arriviamo al ponte sul bacino di Belesar.. non c'è una vera e propria spiaggia ma il lago artificiale è invaso da barchette e bagnanti.. l'ingresso al paese è a fine ponte, tramite una scalinata che rischia di piegare l'umore e le ginocchia, ma resistiamo.. dobbiamo arrivare e prender posto prima della folla che ci siamo lasciati alle spalle.
Portomarin è una località di attrazione turistica, così dice la guida.. la strada principale, accompagnata a destra e a sinistra da un colonnato ci fa entrare di fatto in centro, prima piazza finalmente pianeggiante.. il paese continua in un saliscendi continuo di viuzze.. i primi due albergue vanno a vuoto, mai successo prima.. tutto esaurito.. al secondo però, l'hospitalera fa da filtro e ci trova posto poco distante. 
E' un vero e proprio appartamento con cucina, bagno e camerata da letto.. dividiamo il tutto con alcuni ciclisti, due orientali e altri spagnoli.. sbrigate le oramai note priorità decidiamo di farci prenotare l'albergue per domani.. meglio evitare le ricerche col sole a picco come oggi.. non è cosa.. 
Mancano 5 sole tappe a Santiago.. ne abbiamo 10 sulle gambe.. 92 km alla fine.. 
Ci ritroviamo a mangiare che sono le due.. la terrazzina dell'albergue è ventilata.. il lago laggiù in basso e la cerveza sanno davvero di estate e mare.. pensieri sconnessi che rimandano a casa..
Arriva Esvet.. e sparisce a letto.. a bucato fatto Sergio mi da la buonanotte per la pennichellina post cammino.. io resto in terrazza e comincio col ghiaccio mentre mi riguardo le foto fatte fin'ora..
La stanchezza, il dolore.. la terrazzina estiva e il lago con le urla dei bambini.. pure la birretta.. tutto concorre alla malinconia mista a felicità.. piccoli cavalloni emotivi che chiedono dazio al cuore e spalancano, con forza e sale, le porte a tutti i pensieri che si affacciano da una decina di giorni.
Esvet si butta in piscina mentre noi da bravi pensionati ci facciamo due passi in paese.. l'infradito e il ghiaino, la crema idratante e la stanchezza.. le nostre derapate si sprecano, riusciamo ad arrivare sani a un localino dabbasso e ci premiamo con un aperitivo a base di Sangria in attesa dell'ora di cena.
Tira vento in riva al lago e il tipo accanto a Sergio pare aver dimenticato le più semplici regole dell'igiene personale.. riusciamo felici per la boccata d'aria appena fuori dal locale e raggiungiamo Esvet in centro.. la cena non è niente di che.. le chiacchiere sono stanche e il vento arriva freddo.. 
Il buio finisce per accompagnarci all'albergue.. la terrazzina è un tripudio di birre e urli.. domattina la sveglia è sempre la solita.. Esvet insiste per essere svegliata, ci vuol riprovare anche domani.. la tentazione di lasciarla dormire è forte, ma svanisce col primo sonno.

martedì 21 luglio 2015

Samos-Sarria

Il solito buio delle 5 ci aspetta appena fuori dal portone.. il fresco, il monastero, le frontali accese e il paesino che dorme.. tutto ha il respiro di una nuova avventura... l'ennesima da una settimana, colazione fai da te e partiamo lasciando per sempre Samos, non riusciamo a capire di quanti km sarà questa tappa, la deviazione per arrivare fin quassù ne ha di fatto mangiati una decina.. c'è il sentore di tappina.. veniamo affiancati dalla brasiliana del primo giorno, con lei altri pellegrini dalle grandi e rapide falcate.. nonostante il ghiaccio di ieri sera e l'aulin il mio ginocchio non partecipa.. anche Sergino patisce la lunghezza del tracciato di ieri, già dalle prime battute decidiamo che Sarria è e dovrà restare il nostro arrivo di oggi.. entriamo in città dopo tre orette di cammino.. per noi oggi è buona così, dobbiamo recuperare la strappata al monastero.
Ci fermiamo all'ufficio del turismo.. Daniella pensa già a domani.. soffre le centinaia di km che ha già fatto e vuol saltare altre due tappe, prenderà un pullman che la porterà fuori Cammino, verso Lugo.. da li un altro ancora il giorno successivo verso Palas de Rei, nuovamente sui passi dei pellegrini.. questa deviazione di Daniella e il nostro stop in Sarria crea disagio in Claudia che ci accompagna al primo albergue che troviamo, comincia a sgomitare e a lamentarsi, mentre noi tre, senza ascoltarla troppo, prendiamo possesso delle nostre camerate.. dieci minuti neanche e Claudia riesce a buttar fuori il rospo, lo fa con leggerezza, senza appesantire quello che senza dubbio aveva dentro da un po di giorni.. ci saluta e sembra davvero alleggerire l'atmosfera che ci accompagnava per lo meno negli ultimi due giorni.. Daniella da buona brasiliana, in perfetto stile telenovela, pretende baci e abbracci strappalacrime.. l'idea di staccarsi da Claudia, nonostante ci sia già un punto di arrivo concordato dove ritrovarci tutti, la fa nuovamente esplodere nelle mille emozioni che solo a certe latitudini sanno vivere appieno, Mario Merola sarebbe orgoglioso di lei..
Arriva anche Esvet e decidiamo di pranzare tutti insieme.. sento la necessità di definire per bene la situazione del ginocchio, Sergio torna in albergue e Daniella decide di accompagnarmi al Centro di Salud..
Espletiamo l'accettazione.. la tipa parla a Daniella che mi traduce le richieste, io rispondo a Daniella che riporta il tutto in portoghese.. finiamo per sederci in sala d'attesa.. la tipa all'accettazione non riesce a far funzionare la fotocopiatrice, chiede aiuto.. ma nessuno sa come risolvere il dilemma tecnico, senza fotocopia del documento non va avanti la procedura.. prova con l'aiuto da casa.. fotografa la macchina e inoltra la foto a un non ben definito tecnico tramite WhatsApp.. ma non si arriva a capo.. ci riproviamo poi decide di posticipare la soluzione.. venti minuti e sento chiamare il mio nome, entro in stanza accompagnato da Daniella.. il dottore conclude che la miglior cura è il riposo.. dovrei fermarmi per almeno un paio di giorni.. non se ne parla nemmeno.. mi prescrive un antidolorifico.. mi obbliga a continuare col ghiaccio quotidianamente e mi consiglia una ginocchiera da indossare durante il cammino.. credo sia un compromesso accettabile..
Alla prima farmacia nuova collaborazione italo-portoghese per l'acquisto della ginocchiera.. il farmacista mi propone un assortimento profondo e curato.. han capito il businness da queste parti, vado nel mezzo, evito il primo prezzo.. ma non voglio neanche puntare alla ginocchiera impreziosita con swarovski.. mi prendo il mio tempo.. provo e riprovo il tutore, sento bene la tenuta sulla rotula.. esco dalla farmacia indossandolo.. adesso potrei correre, l'uggia non sparisce ma l'approccio alla camminata è sostanzialmente più sicuro.
Approfittiamo per farci un giro in centro, Sarria è una cittadina per noi già grande.. poco meno di quindicimila abitanti, ma ci appare bella viva e in pieno movimento.. il centro storico rimane accollinato più in vetta e lo raggiungeremo seguendo la freccia gialla del cammino.. cerchiamo e troviamo la stazione dei pullman per la partenza di domattina di Daniella, ripercorriamo a ritroso le stesse strade fermandoci ogni tanto per l'ennesima calamita da riportare in Brasile e ci rifermiamo al Pronto Soccorso.. il sistema sanitario spagnolo permette il rimborso di certe prestazioni.. la ginocchiera rientra nella lista e con una firma potrei provare anche in Italia anche se so già che risulterà tutto inutile. La tipa all'accettazione mi riconosce, mi richiede nuovamente la carta d'identità per la fotocopia di prima.. ha trovato la soluzione, infila il documento nel fax.. mi si ghiaccia il sangue nelle vene, io con quella ci devo riprendere il volo di ritorno.. Daniella mi guarda con un sorriso paralizzato tra la circostanza e il terrore.. la tipa, sorridente e soddisfatta, da il via al fax in modalità fotocopia e vedo il mio documento che si inclina di lato, comincia la discesa e s'infrena a metà con la mia faccia che cerca di star su, un po come al mare.. a pelo d'acqua.. l'ideona potrebbe finire in tragedia.. allungo la mano accompagnandola con una serie infinita di no sempre più veloci, la tipa capisce che rischia la puttanata e estrae il documento in tempo prima di affogarmi.
Con tutta la documentazione, inutile dalle nostre parti, e la ginocchiera indossata come un trofeo, torniamo all'albergue.. Sergino se la ronfa di brutto.. Esvet pure, decidiamo di affiancarli.. un pò di relax.. giornatina di vero recupero.. ci voleva.
Con l'aiuto di Tripadvisor decidiamo di mangiare in un localino gestito da italiani.. finiamo per cenare a lasagne e Sangria.. le nostre commensali vanno pazze per la cucina italiana e noi proviamo a spiegare che di italiano la lasagna che ci han proposto aveva ben poco.. Daniella ci parla del suo strano condominio a San Paolo, una villetta con tanto di giardino situato all'interno di un vero e proprio villaggio residenziale.. Esvet ci chiede le origini del nostro strano italiano.. le spieghiamo, leggermente ironici, che le voci fuori campo dei documentari non sono esattamente la lingua parlata.. decidiamo di introdurla ai vari dialetti che imperversano nello stivale.. partono teatrini degni di commedie esilaranti.. sarà la sangria o il bianco della casa, ma le risate vengon via con poco.. scendiamo a Napoli ed è impossibile non tirar nel mezzo Gomorra e le sue celebri frasi.. ci intestardiamo e da buon professore, per giunta madrelingua in tal caso, Sergino lavora sulla pronuncia della povera bulgara finchè, bicchiere in mano, non la sentiamo pronunciare orgogliosa:"bive.. aggia capì si me poz fidà e te".. 
La cena si protrae rilassata e godereccia tra risate e racconti.. la chiudiamo con un cheesecake di buon livello che Daniella bissa da asporto per la colazione di domattina. Ci ritroviamo di corsa a scendere verso l'albergue, tra dieci minuti ci lasciano fuori..
Sarà un caso, il vino o la Sangria ma la cena a quattro senza Penna Bianca è scivolata via come raramente è successo prima.. ci guardiamo con Sergino ghignando complici degli stessi pensieri.. ognuno ha il suo cammino..era così che è partito.. è così che domani ripartirà, Claudia con i suoi quaranta km giornalieri, quota perfetta per il suo passo, Esvet con i primi cinque o sei a cercar di tenerci testa per poi abbandonarci e passeggiare beatamente col proprio ritmo, Daniella alla ricerca dei suoi conterranei a Palas de Rei tra un pullman e un taxi a recuperar i settecento km che ha sulle gambe.. noi due nuovamente appaiati, bastoncini alla mano, a pestare bene i nostri venti, venticinque km di francigena memoria.. ognuno ha il suo cammino.

lunedì 20 luglio 2015

O' Cebreiro-Samos

Per avere la Compostela è sufficiente percorrere gli ultimi cento km del cammino.. mano a mano che ci avviciniamo aumentano i pellegrini.. si ingrossano le fila e di fatto si smarrisce poco a poco lo spirito che ci ha accompagnato fin qua.. sempre meno zaini, molti zainettini per la giornata, il bagaglio se lo fanno portare a destinazione.. Sarria diventerà il confine tra il cammino e il trekking.. tra il pellegrino e il turista.
Ore 5, notte fonda quassù.. scendo a togliere i panni stesi, rimango incantato dal panorama.. le poche luci permettono al cielo di brillare come in poche occasioni, mi riempio gli occhi di stelle, vorrei poter mettere in pausa questo piccolo cortometraggio.. la brezza, il buio pesto, i panni ancora più umidi di ieri sera e Cristian.. già pronto da chissà che ora, seduto poco più avanti, faccia alle montagne.. sta finendo di far colazione.. inarrivabile.
Ci muoviamo verso la boscaglia poco fuori dal paese.. la frontale illumina pochi metri avanti.. siamo in sei, compatti.. silenziosi, in attesa del sole. I bastoncini mi dettano il ritmo e mi aiutano, par di aver trovato il passo perfetto, l'incedere è continuo e provoca benessere nonostante il ginocchio.
Credo che il cammino sia come un libro, parti piano, sfogli le prime pagine cercando di entrare tra le righe, per conoscere i personaggi, le loro sfaccettature.. i loro ruoli.. ti ci affezioni, prediligi uno piuttosto che un altro.. e man mano che aumentano le pagine sulla sinistra, man mano che metti km sulle gambe.. non vedi l'ora di arrivare in fondo, per capire come finirà e probabilmente sarai dispiaciuto per esser arrivato alla fine così velocemente.
Una serie di saliscendi ci fanno entrare in un banco di nebbia, una mousse di panna che ci bagna i capelli.. riappariamo col sole che ci da il buongiorno e un bar che ci propone la colazione, Alto do Poio, barrino impreparato preso d'assalto da comitive di pellegrini affamati..
Ripartiamo a pancia piena e mi ritrovo affiancato a Claudia, mi ci ingarello per almeno una mezz'ora facendo il vuoto dietro di noi.. teniamo un passo deciso, che risulterà decisivo per la tenuta del mio ginocchio nei giorni a venire.
Il panorama ci scorre accanto e cambia, discese, salite.. campi coltivati, boscaglia.. colline a perdita d'occhio, vacche.. tante vacche e tanta merda.. da scansare.. veri e prori trentatrè giri di merda sparsi qua e là a macchia di leopardo.. tenere il passo diventa difficile, o la pesti o salti il ritmo.. preferisco rinunciare al passo perfetto, sia chiaro.. arriva Sergio, da solo, alla fine di una discesina, ci diamo il testimone.. se ne va spedito con Claudia e io rallento.. ho voglia e bisogno di restar da solo.. sia io che il mio ginocchio.
E' una discesa continua.. i segnavia che ci affiancano da ieri pomeriggio appaiono ogni cinquecento metri.. mi intestardisco e comincio a contar i passi tra uno e l'altro.. per almeno due volte non torna una mazza.. e contar sottovoce superati i cento passi diventa uno scioglilingua che non riesco a gestire.. entro a Triacastela, 21 km.
Cerco Claudia e Sergio con gli occhi.. supero il centro del paese.. mi infilo in una stradina piena di ristorantini.. e scrivo un msg alla coppia di lepri.. sono indietro, han preso un bivio sbagliato che li ha portati fuori via per qualche km.. li aspetto, dopo venti minuti siamo di nuovo tutti insieme, Daniella compresa.
Con Sergio ci facciamo timbrare la credenziale, compriamo un pò di frutta e il betadine.. autonomia, non mi va di star li a chiederlo continuamente.
Ci raduniamo intorno alla guida.. la tappa di oggi sarebbe conclusa, ma a 9 km prendendo un alternativa al cammino originale c'è Samos, paesino sperduto tra le montagne.. si potrebbe dormire in un monastero.. guardo Sergio, incrocio il suo si e per noi la tappa si allunga.. Daniella e Esvet decidono per un più veloce e comodo taxi, Claudia si ritrova da sola a decider del suo futuro.. non si vuole fermare, questo è chiaro, ma non vuole neanche allungare oltre tracciato per Samos.. è combattuta, noi approfittiamo di questa empasse e partiamo in coppia, da soli, come da Leon.. come non ci capitava da qualche giorno.. non facciamo in tempo ad arrivare a fine paese..
Claudia:"ragazzi.. ma per Samos non è questa la strada.."
Io guardo Sergio che mi riguarda con la stessa identica espressione.. ci giriamo all'unisono, Penna Bianca è li a poche decine di metri che vuol dire la sua anche stavolta, che ci raggiunge ad ampie falcate.. nessuno dei due proferisce parola.. ci rigiriamo ancora e continuiamo il nostro cammino.. due minuti e siamo incodati, tutti e tre, sul ciglio della statale..
Il terzetto si allunga... io tiro dritto senza mollare di un colpo e mi allontano.. trenta km.. arrivo dall'alto, il monastero è la sotto che ci aspetta... non ne ho più, se non fosse per il dolore al ginocchio è il tratto più bello da che siamo in Spagna.. Daniella ci aspetta in un bar del paese, ha trattato col volontario del posto e ci ha fermato i letti.
Entriamo da una porta secondaria, è uno stanzone enorme, affrescato con dipinti che lo rendono particolare.. una sfilata di letti a castello e i bagni.. tutto in comune.. non esiste divisione donne-uomini, siamo tutti pellegrini.. niente a che vedere con i privati o con i municipali.. rob'antica.. ma è questo quel che mi aspettavo.. mi piace.
Manovrine di rito.. doccia, bucato e finalmente tutti a pranzo, sono le 17.. usciamo e ci incrociamo con la brasiliana di San Martin del Camino.. attraversiamo la strada e l'insalatina è li che ci aspetta.
il rilassamento si impossessa d'un fiato di ogni parte di noi.. Claudia regge il tempo di un paio di foglie e comincia a tirar fuori il suo malessere.. siamo tutti stanchi, lei ripesta sulla cantilena del ventiquattro luglio, di quanto sarebbe bello arrivare a Santiago per la festa di San Giacomo e lo fa alla sua maniera.. Sergino accusa la sfuriatina di Claudia e si incupisce.. si alza e se ne torna in camerata senza aprir bocca.. il quartetto rischia la spaccatura, ma a Claudia sembra non interessare troppo.
Daniella e Claudia fanno un giro dentro il monastero, Sergino sbollisce a messa per godersi i canti gregoriani.. io mi pianto un bel pò di ghiaccio sul ginocchio, vorrei risolvere la cosa ma ho l'impressione che sarà così fino a Santiago.. il Centro Salute è aperto solo la mattina.. mezz'ora e muovo i miei passi verso il supermercato per comprar la colazione di domani.
Ci ritroviamo a cena, ancora una volta tutti e cinque insieme.. c'è la sensazione di voler chiarire, c'è la necessità di non lasciar correre ancora acque che hanno agitato l'ultimo pomeriggio, c'è la volonta di ridefinire un pò i ruoli, la situazione e rimetter la barra a posto una volta per tutte.. condividiamo che son stati quattro giorni belli intensi.. che non siamo in un villaggio turistico e che ognuno tira fuori tutte le emozioni e le sensazioni che prova senza filtri.. con tutta la trasparenza che la fatica ci provoca, quando si è provati fisicamente e mentalmente non si hanno maschere che ci fan sorridere a oltranza e passare ventiquattro ore su ventiquattro con persone mai viste prima non è un esperimentino easy.. sembra tutto di nuovo in equilibrio.. ognuno ha tirato fuori quel che pensava, rispettando gli spunti altrui, nessuna imposizione.. solo chiarezza... ognuno ha il suo cammino, ma ho l'impressione che non si sia risolto granchè, anzi, probabilmente abbiamo aperto le porte a chi si sentiva legato e non aveva la forza o le palle per staccarsi.. son cordoni ombelicali strani, che si creano in pochi attimi, senza motivi particolari ti ritrovi ad aver bisogno della presenza di questa o quella persona.. ed è difficile spiegare cosa ti fa avvicinare, son sensazioni che van vissute, ci si lega in poco tempo come forse non accade con amicizie di anni, ma è anche altrettanto facile capir che trovano la loro forza in quel preciso istante, in quel momento.. quella situazione, ben diversa e più forte della più conosciuta quotidianità che ognuno ha lasciato alle proprie spalle..
Ore ventidue, si chiude il portone.. riparto col ghiaccio, betadine e antinfiammatorio.. mi muovo con disinvoltura, oliato bene come se mi dovessi lavare i denti.. venti minuti e partono i cori.. si russa a mandate.. un pò alla mia destra, un pò alla sinistra, Sergino cazzeggia dabbasso col suo cellulare e sul mio ginocchio oramai una busta d'acqua calda.. faccio per stirarmi.. chiuderei gli occhi.. ma qualcosa non mi torna.. i panni.. stasera non mi fregano, mi rivesto, indosso la frontale e mi arrischio all'uscita.. tengo socchiusa la porta d'ingresso.. attraverso rapido la strada e li tolgo.. fa freschino e il calduccio che mi accoglie al mio rientro mi piace.. Sergio ha già avviato la fase rem.. anche chi russava lo fa con più pudore, ripiego i panni, spengo la frontale, mi imbusto nel sacco letto e saluto i suonatori.

domenica 19 luglio 2015

Villafranca del Bierzo-O' Cebreiro

La tappa di ieri era solo l'assaggio... oggi ci aspettano quasi 800mt di dislivello.
Contrariamente alle altre mattine ritardo la sveglia di almeno un quarto d'ora, è freschino e vorrei godermi il calduccio della stanza.
Ginocchio, calcagno e collo del piede, alleati, non danno segni di miglioramento e si risvegliano puntuali con me.. lasciamo il municipale e ritorniamo in piazza.. colazione a base di Rabanada, un impasto di pane, latte, uovo e zucchero, tipica del periodo natalizio giù a casa di Daniella, ma a me torna in mente il pain perdù della Normandia.
Non usciamo neanche dal paese che mi fermo per una rapida ma obbligatoria dose di betadine, sta diventando quasi un rito scaramantico.. i miglioramenti comunque ci sono e questo mette di buon umore, la mia più grande paura, prima di partire, è già sotto scacco.
Mentre ripartiamo ci raggiunge Cristian, amico dei primi passi iberici di Claudia, francese che non conosce la francigena, ahimè.. comincio a sospettare che nessun altro oltre me e Sergio la conosca, è partito a metà maggio da Nancy.. quasi Belgio.. 1900 km fa.. ognuno ha il suo cammino, verrebbe voglia di inginocchiarsi e chiedergli scusa, così.. per quelle punte di autostima che cominciavano a far capolino passati i cento km e perché no, persino un autografo.. ci chiede da dove siamo partiti, tossisco e faccio finta di non capire.. sarebbe un po' come trovarsi davanti Maradona e dirgli che mi sento figo perché ho fatto dieci palleggi senza aver fatto cadere la palla.. Sergino si illumina, trova pane per i suoi denti e lo perdo in discussioni in lingua d'oltralpe.. Pare a casa, cambia persino timbro e postura, si avvicina a Cristian tenendo il suo passo e cambia registro ripescando il suo francese fin troppo messo da parte.. si scosta i capelli dietro gli orecchi, ed è un po' come se si mettesse a sedere sul divano, cala il sipario sul resto del gruppo.. un'altra persona.. e io mi sento come un cane sull'Aurelia a inizio agosto, ma non lo do a vedere.
Lasciamo la statale e ci inoltriamo nel bosco, tengo un passo tutto mio e finisco per allontanarmi dal quartetto.. Claudia e Daniella poco più avanti, lontanissimi les deux français.. i pensieri viaggiano da soli.. ho ufficialmente aperto la diga, sento scorrere bene tutto quel che ho sempre tenuto fermo a monte.. mi ci cullo un po' perdendomi nel rumore dei miei passi.. continuo a conoscere lati e sfaccettature tenute in ombra.. i dolori appaiono più acuti, alcuni sembrano spariti, ma li aspetto a fine tappa.. sono pronto mentalmente, in realtà lo so bene, li ho tutt'ora, è la testa che si concentra sul più ostinato.. il dolore del giorno.. tengo duro, non rallento il mio passo, butto giù un ovosodo che mi porto dietro probabilmente dal viaggio in pullman per Leon e mi arrampico nuovamente verso il gruppo.
Passiamo Pereye, prendiamo le indicazioni per Trabadelo e mi ritrovo appaiato alla brasiliana, i nostri dialoghi spaziano meravigliosamente dal cammino alla vita privata, da Manuel Rui Costa alle adozioni a distanza.. non c'è un nesso logico, ma va bene così, poco importa.. il tutto nella nostra nuova lingua, un misto tra portoghese, italiano, francese e inglese.. proprio nella costruzione stessa della frase.. roba da far raccapricciare Sergino il purista.. adesso so cos'è l'Esperanto.
Senza forzare ritroviamo Claudia e Sergio.. Cristian non lo vediamo da un po'.. troppo avanti, sarà già alle porte di Santiago.. e a Claudia questo fa sicuramente male, pare un cavallo frenato, ma sostanzialmente nessuno la tiene, è lei che resta.
Vien fuori un passato da ultrà, parole sue, di Claudia che sciorina un elenco di trasferte e tafferugli che meriterebbe il Daspo solo per averle rammentate, si finisce per parlar di Roberto Baggio e della finale di Avellino.. io e Sergio sdubbiamo non poco, ma la vita si sa porta a strade così differenti nel tempo che ci può stare..
Sostiamo a Trabadelo, da fermo sto una favola.. sparisce tutto.. ma si cammina muovendosi, questo è un dato di fatto.. incontrovertibile. Raggiungiamo Ambamestas, siamo ancora in Castiglia.. ci fermiamo nuovamente per far respirare i piedi, slaccio le scarpe con delicatezza, tra un laccio e l'altro mi fermo quei dieci-quindici secondi per darmi un tono, la scaramanzia rasenta livelli da malattia.. sfilo il calzino destro.. nessun danno irreparabile.. respiro a pieni polmoni mentre sento che ogni parte di me si sta rilassando, la vescica sul calcagno non si evolve, le dita stanno bene e io mi sento miracolato.. San Betadine.
Comincia la salitina.. asfalto, tutto asfalto oggi.. i polpacci godono, ripenso al trippone di Villafranca, mi faccio forza e mentre mi passano avanti due ragazzini con gli zainetti, le scarpe da tennis e un Michael Jackson d'annata sparato verso il cielo a tutta forza mi convinco e tiro fuori i bastoncini che mi ha regalato la Lau.. mi sento un po' come Fonzie quando deve ammettere l'errore, ma parto gagliardo per una salita sempre più impegnativa e finisco col rendere merito al ragazzone inglese del municipale.. ritmo e gambe più leggere, mai più senza.. è un cambio culturale, devo ammetterlo, e mentre "Beat it" svanisce nel nulla, anche Sergio mi sorride e approva la scelta.
Finalmente lasciamo l'asfalto, il tallone mi ringrazia e fa la ola in solitaria. Passiamo Faba e la salita continua, sbattendosene del nostro incedere sempre più timido, il terreno non aiuta, il tracciato spesso diventa impervio, i bastoncini sono davvero la terza e la quarta gamba, le mie seconde braccia.. sono tre ore di passione infinita con una pendenza degna delle dolomiti, sembrano finalmente terminare con un paesino di forse cinque case arroccato non si sa come quassù.. ci fermiamo ad una fontana, aspettiamo Daniella che piano piano ci ha lasciato andare per tenere un passo più lento, ma cominciano a salire altri pellegrini. A Cebreiro c'è un solo ostello con poco più di 100 posti letto, è un municipale, quindi non si può prenotare.. urge decidere il da farsi.. Decidiamo di dividerci, Sergio aspetta Daniella, noi due continuiamo la salita per fermare i letti.
Io e Claudia entriamo ufficialmente in Galizia una mezz'oretta più tardi, il passo è deciso, la partita è tesa, ed è sparito tutto.. ma non son le gambe, è la testa che mi manovra e non mi fa mollare, voglio solo arrivare.. non sento più niente, solo il rumore dei miei passi sul terreno.. tra me e Claudia un reciproco e rispettoso silenzio.. la fatica aumenta esponenzialmente, ma è ripagata dal panorama.. siamo altissimi.. la sensazione è quella di portare a compimento atti eroici, verremo ricordati con qualche onorificenza, non v'è dubbio.. una targa ce la meritiamo.. non alla memoria, sia chiaro, mi aspetto un comitato di accoglienza, la banda e i poliziotti a far da cordone per evitare che i fan ci assalgano.
Il paesino pare uscito da una fiaba, il municipale è a fine paese.. s'ha a patire fino in fondo.. Riappare Esvet, la bulgara di Foncebadon, ci viene incontro e ci tranquillizza.. il municipale è completo.. mando un msg a Sergio sperando che lo legga.. Claudia pare un automa, se ne batte il cazzo della bulgara.. ma questo l'avevamo un po' già intuito.. si va avanti, ci proviamo lo stesso.. sbagliamo entrata e ogni passo in più è una dolorosa perdita di tempo, un letto in meno, un peso maggiore.. la coda all'accettazione in effetti c'è.. ma questo non ci calma, ci affacciamo a cercar di capire la situazione, le facce sembrano tranquille ed il prossimo paese è a 5km, ne abbiamo già 29 sulle gambe, gli ultimi sei con la pendenza di una piramide e comunque il paesino proporrebbe solo 20 posti letto.. altri 20 se i km diventano 8 al paese dopo ancora.. e sono già le 17.. appare tutto così complicato.. potrei uccidere l'hospitalera se le vedo oscillare la testa da destra a sinistra e ritorno.
Tocca a noi due, ho con me la credenziale e il documento di Sergio, ma la signorina Rottermeier, al di  la del tavolino, mi fa intendere che se non c'è la persona sono inutili.. ci sono solo 6 posti letto... il panico mi sta attaccando le caviglie, lo sento che mi punta il ginocchio... Sergio e Daniella sembrano spariti.. me li immagino mentre ci guardano in attesa di una nostra decisione.. traccheggiamo un po', dobbiamo decidere per noi e per loro, fortunatamente mi squilla l'iphone, l'aiuto da casa.. Sergio:" ci sono, da solo. Daniella non arrivava.. dov'è l'ingresso?".. ricomincio a respirare.. decidiamo di prendere i tre posti letto e cercare una camera in paese, costerà molto di più ma è l'unica soluzione percorribile.
Ci sistemiamo, ultimo dei tre piani, mansarda.. siamo dei signori perché non abbiamo letti a castello.. tutto meraviglioso, ma ne sarebbe bastato uno in più per Daniella, uno solo in più.. niente doccia, torniamo in paese per Daniella, ma non arriviamo neanche all'uscita.
La brasileira ci ha preceduto, è seduta di fronte all'hospitalera, hanno appena dato via l'ultimo letto.. sarebbero bastati pochi minuti.. non regge, scoppia in lacrime.. singhiozzi degni di un bimbo di sei anni.. già parla portoghese, adesso non la seguo proprio più.. la stanchezza ci travolge tutti, Claudia cerca di spiegarle la dinamica.. sembra calmarsi, io e Sergio, valorosi, le guardiamo andarsene via di spalle verso il paese, camminiamo sul posto, tentiamo di giustificarci spalleggiandoci.. "la loro amicizia è più forte" (mentre ci liberiamo degli scarponcini), "Claudia sa come prenderla" (mentre inforchiamo le infradito e ci avviamo alle docce) "non c'è ombra di dubbio, Daniella vuole Claudia in questo momento" (mentre ci insaponiamo e l'acqua ci scorre addosso lavandoci via polvere e tensione accumulata).. ma ognuno resta nella propria doccia un tempo interminabile, io scimmiotto pure un po' di stretching.. una delle docce più lunghe da che sono in Spagna.. lavo via tutto e ricomincio almeno tre o quattro volte.. diventa un vero e proprio massaggio, ne avevo bisogno, esco solo quando son lesso.
Torniamo in camerata che si pare nuovi di fabbrica.. troviamo lo zaino e le scarpe di Daniella.. qualcosa sta andando diversamente da come ce lo eravamo raccontati..
Ci ritroviamo a cena,. con noi anche Esvet e Cristian, il francese dei duemila km.. deve essere arrivato da ore.. mi piace quest'europa qua.. nessuno impone, tutti si adoperano per tradurre e spiegare.. solo Claudia sembra accusare questa democrazia internazionale, non c'è un protagonista, tante comparse col solito copione.. non è più lei al volante, non gestisce e questo un po' lo patisce.. finiamo col non parlare più l'italiano e tempo poco si alza e ci saluta.. ognuno ha il suo cammino.. Sergio si fa serio, ci cerchiamo con gli occhi e ripensiamo alla nostra prima cena a San Martin del Cammino.. unici due italiani ad una tavola di spagnoli e brasiliani, ma a noi bastava esser li.. a cercar di capire, accettando di non capire, ad aspettare che qualcuno ci spiegasse in uno spagnolo scolastico il succo dei discorsi.. bastava aver pazienza e meno ansie da protagonismo.
Sparita Claudia finiamo di cenare e ci godiamo il fresco di queste montagne, ci ritroviamo inconsapevoli ad un vero e proprio show cooking.. un carlo cracco galiziano ci intrattiene spiegandoci come preparare l'originale caffè di queste terre, Daniella, brasiliana, terrà di caffè per antonomasia, guadagna curiosa le prime file.. io, Sergio, Cristian ed Esvet conquistiamo fieri le ultime per evitare interrogazioni sul finir della lezione. Il caffè in questione non è altro che l'orzo che mi rifilava la mi nonna da piccino.. tutto fa brodo e in questo caso è proprio acquaccia riscaldata..
Ce ne torniamo in albergue sfoggiando una magliettina omaggio della serata.. diventerà la mia tenuta per le buone occasioni..
Faccio un giro da brava massaia a sentire i panni stesi nel pomeriggio.. sono ancora molli, decido, insensatamente di lasciarli fuori per la notte.. bene, domattina saranno ancora più bagnati.. poco importa, asciugheranno a bandiera sullo zaino.
Ore undici, mi infilo nel sacco letto.. Sergio si attarda per le scale.. lo sento trafelato che ci raggiunge, si abbassa tra il mio e il letto di Claudia.. Daniella, nascosta nel suo sacco a pelo, è entrata di nascosto. Il pellegrino superbo, per paura di ritorsioni, la terrorizza in un francese appena soffiato, raccontandole di una discussione tra l'hospitalera e una tipa che di spalle pareva Claudia.. secondo lui l'hanno sgamata e per evitar epurazioni di gruppo la invita a costituirsi.
Daniella non si scuote più di tanto, si nasconde in bagno per un tempo non definito mentre l'hospitalera appare nel buio armata di torcia.. conta le teste e i letti.. come da piccini fingiamo di dormire e rialziamo la testa solo quando la ronda sparisce nel buio, il pericolo è scampato.. Daniella riappare nel suo sacco a pelo.. buonanotte clandestina..