... Nelle molte giornate del cammino da effettuare, ve ne saranno di radiose e di necessariamente in ombra ed è principalmente in queste che il pubblico dovrà farse maggiormente sentire vicino agli atleti. Il campionato non si arresta né alla terza, né alla quarta domenica [...] quindi: avere fermamente fiducia! La vittoria, ne siamo certi, bacerà ripetutamente il nostro vessillo... Luigi Ridolfi

martedì 14 luglio 2015

Leon-San Martin del Camino

La sveglia era puntata sulle 6:30, ma già verso le sei il sonno è diventato un ricordo lontano.. ieri sera ho traccheggiato un pò.. poi spinto dall'adrenalina del primo giorno, in modalità eroe, abbiamo concordato col prof che non potevamo alzarci più tardi.. in realtà alcuni letti erano già vuoti, qualcuno aveva osato alzare l'asticella.
Raggiungiamo la stanzuccia dedicata alla colazione convinti di trovarla comunque semideserta, neanche il viadotto all'indiano alle cinque del pomeriggio, esaurita in ogni ordine di posto.. un silenzio surreale interrotto soltanto dalle mandibole che incontrano voracemente le fette di pane con burro e marmellata, fiore all'occhiello della colazione ecclesiastica.. passano cinque minuti, tanti ce ne sono voluti per capire come funziona il giro.. afferriamo uno dei tanti bicchieri dal lavabo, appena appena lavati da altri pellegrini, ci avviciniamo armati a Emiliano, che in silenzio, probabilmente mezzo addormentato, ha il compito di versare latte e caffè a richiesta. Immaginando terminata la mia prima operazione lascio il bicchiere e do una sguardatina al tavolo, mi ritrovo un mezzo litro di caffè che solo grazie all'intervento di Sergio non diventa un litro, Emiliano non pare, è addormentato, riesco ad aggiungere qualche goccia di latte dividendo col prof l'abbondante razione di caffeina e mi siedo a tavola.
Al centro fette di pane e ciotole di marmellata.. pezzi di burro e zucchero a macchia di leopardo qua e la sul tavolo.. mani che si intrecciano, coltelli che spalmano, bocche che masticano.. nessuno parla.. il ritmo è già sostenuto a tavola, mi immagino il passo sul selciato e mi dico che ho sbagliato tutto, ma sarebbe stata solo questione di tempo.. il primo morso e tutto mi sembra più familiare.. solo la marmellata continua a non aver un gusto preciso.. cambia colore, ogni ciotola più chiaro, più scuro.. albicocche all'occhio.. e infilo in bocca pesche.. ma di prima mattina va bene così..
Tre, quattro.. forse cinque fette e decidiamo che è ora.. la pancia è piena.. e il caldo li dentro  opprimente.. ci guardiamo un pò e battezziamo la cifra giusta per la colazione donativa, qualche spiccioletto e via agli zaini.
Usciamo finalmente carichi in piazza, la brezza mattutina e la piazza deserta ci danno il via, le borracce però sono vuote.. ci sinceriamo col chierichetto da trekking che ci ha deliziato la fine della benedizione ieri sera e le riempiamo scansando piccioni e malattie.. 
Partiamo seguendo le prime nostre frecce gialle.. diventeranno le nostre stelle, le scorgeremo ovunque.. anche quando non ci saranno, a sensazione, le seguiremo fino a Santiago.
Ripassiamo dal centro storico e ci lasciamo Leon alle spalle.. ci inoltriamo in periferia per poi addentrarci in una zona industriale.. un osmannoro in piena regola.. per ora non è un granchè sto cammino.. ma siamo solo ai primi km..
Ci blocchiamo alla prima doppia freccia, destra o sinistra.. la guida non parla di deviazioni prima degli 8 km.. saremmo eroici davvero ad averli già fatti.. perplessi diamo ragione alla freccia più gialla.. qualcosa vorrà dire, in effetti si tratta semplicemente di una bretellina di forse cinquecento metri che si rinnesta sull'altra principale.
Dopo i fatidici 8 km ci troviamo di fronte a un bivio ben descritto sui cartelli e sulla guida e decidiamo per l'itinerario classico.. fondamentalisti del cammino, non accettiamo, non ancora, deviazioni dal tracciato originale.. proseguiamo quindi per i nostri primi 25km fianco a fianco con la N-120, una statale ben trafficata che lascia poco spazio al romanticismo.
La statale ci accompagnerà per tutta la prima tappa.. arriviamo a Valverde de la Virgen che ci siamo macinati quasi 13km.. ci guardiamo raggianti.. fa capolino il pellegrino superbo che vive dentro il prof..  "se continuiamo di questo passo arriviamo a tappa in poco meno di due ore",  la prima di mille proiezioni degne delle migliori exit poll italiane.. puntualmente verrà punito, probabilmente da San Giacomo in persona, per ogni sua parola fuori dal profilo pellegrino.
Mi ricordo del giglio.. la bandiera del calcio storico che mi son portato dietro e orgoglioso come non mai me la stampo sullo zaino.. ci accompagnerà fino a Santiago.
La tappa risulta facile, tutta in pianura, sono quasi 26km, almeno 4 oltre le nostre medie battezzate in Italia.. le gambe rispondo bene e il ritmo è serrato, il morale è buono.. Sergino dimostra dimestichezza con i bastoncini da nordic, io, ignaro del mio prossimo futuro, li schifo e proseguo a pugni chiusi fiero delle mie gambe, vengo rapito dalla velocità con cui scorre l'acqua nel fiumiciattolo che scorre accanto a noi.. una serie di vasi comunicanti ne aumenta o diminuisce il deflusso, acqua chiarissima, pulita.. che serve per irrigare i campi circostanti.. mi ci perderò spesso cercando di capire come possa correre così rapida.. avessi fatto l'Iti..
San Martin del Camino è laggiù, si vede bene con quel fungo in cemento che si staglia in cielo.. mi ricorda gli stessi visti nei paesini della Normandia.. e ancora oggi non so cosa siano.
Come nei migliori film di Steven Spielberg è un drittone infinto.. quel fungo sembra non avvicinarsi mai... ma noi siam partiti stamani, non seicento km fa... 
Arriviamo al cartello del paese stanchi, sudati ma felici.. alla nostra sinistra l'Albergue Vieira, il primo di una serie in un paesino dimenticato da Dio.. traccheggiamo sull'ingresso, un ponticino a superar il fiumiciattolo dalle rapide controllate, ma si tratta di pura pantomima, trenta secondi e siamo già a farci timbrare la credenziale.
E' un albergue privato, sette euro per dormire, nove per la cena.. cinque per la colazione... è il primo privato che troviamo sul nostro cammino e già possiamo apprezzare le differenze.. dormiremo in una camerata che sa di nuovo, con altri 6 pellegrini... in giardino c'è pure la piscina.. Sergino mi guarda è chiosa:"godiamocelo e dimentichiamocelo in fretta perchè questo sa veramente poco di pellegrinaggio".. sorrido, concordo e mi preparo per la doccia.
Decidiamo di pranzare in paese, mai scelta fu più azzardata.. il nulla assoluto, ci vorranno altri interi ostinati pomeriggi per capire che in Spagna fino alle 18 non si muove nessuno; di noi neanche l'ombra.. ci camminiamo sopra, arriviamo a un bivio sul quale si affacciano due localini.. scosto le tendine del primo, sdegnato mi giro verso l'altro.. attraverso la strada e entriamo.. è un barrino, non credo possa offrirci un pranzo degno di tal nome, passano forse cinque minuti e nessuno si affaccia al bancone, troppi per noi e per il nostro stomaco, il barrino perde definitivamente la sfida.. torniamo sui nostri passi e entriamo nel primo, quello delle tendine da campeggio per intendersi.. intanto la calura si fa pesante e questo andirivieni ci permette di apprezzarla totalmente.. ci sediamo, unici avventori, accompagnati da una fanciulla di colore che lascia la comanda a quello che ha il profilo da proprietario.. ricciolino nero, tinto probabilmente, sulla cinquantina, un paio di denti in meno di quelli che gli spettano a far da finestra proprio sul sorriso, quel giusto sovrappeso che lo farà sudare quanto basta per renderlo unto per il resto del pomeriggio.. ci snocciola un menu che fatichiamo a comprendere... la carne di vacca diventa bacca.. quindi, per noi, baccalà... tentiamo una traduzione simultanea, oscillando tra l'italiano e l'inglese.. niente.. solo spagnolo per il titolare.. rischiamo l'incidente diplomatico chiedendo il vino bianco.. da queste parti il vino è tinto o tutt'al più rosado..
Finiamo per pranzare a più portate.. un vero e proprio matrimonio... manca solo l'amaro del capo a chiudere... il caldo che entra dalla finestra non ci aiuta.. ci traccheggiamo sul caffè in piena digestione.. sono quasi le quattro del pomeriggio e siamo usciti quattro ore fa in cerca di un'insalatina..
Il rientro in albergue sa di missione eroica.. mancano solo i coyote, il vento che muove le insegne cigolanti di locali abbandonati... il sole quello no, picchia pare Iachini in scivolata.. riusciamo a guadagnare l'albergue prima della disidratazione, pare un'oasi nel deserto.. dovrei ripassare dalla doccia, che sembro arrivato adesso dopo i venticinque km..
Il pomeriggio lo spendiamo tra piscina, amaca e sdraio... se questo è il cammino avevo le idee contorte..
con noi una coppia di catalani, una brasiliana e uno spagnolo di Vigo.
Cominciamo le operazioni di recupero piedi, creme idratanti e massaggi alle gambe, godiamo nell'ombra il fresco che arriva dalla piscina.. aperitivo a cerveza e patatine.. rasentiamo il villaggio turistico.. ci manca solo il braccialetto dell' All inclusive.. così non va..
Alle 1930 in punto l'hospitalera si affaccia in giardino.. è pronta la cena e ci ritroviamo tutti e sei a tavola.. cena intima.. i commensali di parte spagnola rompono gli indugi, noi sorridiamo a ripetizione, giusto per cortesia, la discussione ovviamente parte a rilento, ma parte.. e lo fa in spagnolo.. la brasiliana se ne fotte del suo portoghese stretto e ci parla guardandoci negli occhi.. pare una sfida.. ma noi annuiamo e andiamo avanti..
L'hospitalera da il via alle danze con un caldo gallego che non lascia niente all'interpretazione.. un minestrone di verdure bollente giusto per risudare un altro po... un'insalatina mista per rinfrescare e un bello stufato a chiudere.. vorrei capire cosa mangiano d'inverno.. nessuno a tavola, fronte perlata dal sudore, ovviamente riesce a bissare la prima portata nonostante l'insistenza della cuoca.
La cena si chiude con melone, yogurth e qualche dolcino.. il tutto accompagnato da un post cena dedicato alle disavventure parigine della brasiliana che racconta per almeno mezz'ora di quanto sia innamorata della capitale francese, ma che in realtà si tratti di odioamore.. intuiamo peraltro che è tutta malasuerte, come le risponde il tifoso del Celta.. non certo Parigi ostile per i brasiliani, ma la verdeoro continua a sciorinare periodi lunghissimi in una lingua completamente incomprensibile.. a tratti pare Panariello e fatichiamo a tenercelo per noi.
A metà cena appare un ragazzetto, appena arrivato a tappa.. provatissimo dai non si sa quanti km... l'ora di arrivo è strana, ma col sorriso racconta di aver camminato per un bel pò anche lui verso lo stesso fungone di cemento,.. ancora oggi non ci è dato sapere da dove sia partita questa tappona.. il ragazzo si unisce alla cena invernale e alla discussione imbastita dalla brasiliana, continuiamo a non capire una mazza.. ma va bene così.. alleniamo l'orecchio a questa lingua diversa ma così vicina alla nostra.. a velocità accettabile però.
Prima di andare a letto ripasso dalla doccia.. alle undici chiudiamo la nostra prima vera giornata da pellegrini, con qualche macchia borghese.. le gambe sono ok, domani abbiamo altri 25km da macinare per arrivare a Astorga. 

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