... Nelle molte giornate del cammino da effettuare, ve ne saranno di radiose e di necessariamente in ombra ed è principalmente in queste che il pubblico dovrà farse maggiormente sentire vicino agli atleti. Il campionato non si arresta né alla terza, né alla quarta domenica [...] quindi: avere fermamente fiducia! La vittoria, ne siamo certi, bacerà ripetutamente il nostro vessillo... Luigi Ridolfi

domenica 19 luglio 2015

Villafranca del Bierzo-O' Cebreiro

La tappa di ieri era solo l'assaggio... oggi ci aspettano quasi 800mt di dislivello.
Contrariamente alle altre mattine ritardo la sveglia di almeno un quarto d'ora, è freschino e vorrei godermi il calduccio della stanza.
Ginocchio, calcagno e collo del piede, alleati, non danno segni di miglioramento e si risvegliano puntuali con me.. lasciamo il municipale e ritorniamo in piazza.. colazione a base di Rabanada, un impasto di pane, latte, uovo e zucchero, tipica del periodo natalizio giù a casa di Daniella, ma a me torna in mente il pain perdù della Normandia.
Non usciamo neanche dal paese che mi fermo per una rapida ma obbligatoria dose di betadine, sta diventando quasi un rito scaramantico.. i miglioramenti comunque ci sono e questo mette di buon umore, la mia più grande paura, prima di partire, è già sotto scacco.
Mentre ripartiamo ci raggiunge Cristian, amico dei primi passi iberici di Claudia, francese che non conosce la francigena, ahimè.. comincio a sospettare che nessun altro oltre me e Sergio la conosca, è partito a metà maggio da Nancy.. quasi Belgio.. 1900 km fa.. ognuno ha il suo cammino, verrebbe voglia di inginocchiarsi e chiedergli scusa, così.. per quelle punte di autostima che cominciavano a far capolino passati i cento km e perché no, persino un autografo.. ci chiede da dove siamo partiti, tossisco e faccio finta di non capire.. sarebbe un po' come trovarsi davanti Maradona e dirgli che mi sento figo perché ho fatto dieci palleggi senza aver fatto cadere la palla.. Sergino si illumina, trova pane per i suoi denti e lo perdo in discussioni in lingua d'oltralpe.. Pare a casa, cambia persino timbro e postura, si avvicina a Cristian tenendo il suo passo e cambia registro ripescando il suo francese fin troppo messo da parte.. si scosta i capelli dietro gli orecchi, ed è un po' come se si mettesse a sedere sul divano, cala il sipario sul resto del gruppo.. un'altra persona.. e io mi sento come un cane sull'Aurelia a inizio agosto, ma non lo do a vedere.
Lasciamo la statale e ci inoltriamo nel bosco, tengo un passo tutto mio e finisco per allontanarmi dal quartetto.. Claudia e Daniella poco più avanti, lontanissimi les deux français.. i pensieri viaggiano da soli.. ho ufficialmente aperto la diga, sento scorrere bene tutto quel che ho sempre tenuto fermo a monte.. mi ci cullo un po' perdendomi nel rumore dei miei passi.. continuo a conoscere lati e sfaccettature tenute in ombra.. i dolori appaiono più acuti, alcuni sembrano spariti, ma li aspetto a fine tappa.. sono pronto mentalmente, in realtà lo so bene, li ho tutt'ora, è la testa che si concentra sul più ostinato.. il dolore del giorno.. tengo duro, non rallento il mio passo, butto giù un ovosodo che mi porto dietro probabilmente dal viaggio in pullman per Leon e mi arrampico nuovamente verso il gruppo.
Passiamo Pereye, prendiamo le indicazioni per Trabadelo e mi ritrovo appaiato alla brasiliana, i nostri dialoghi spaziano meravigliosamente dal cammino alla vita privata, da Manuel Rui Costa alle adozioni a distanza.. non c'è un nesso logico, ma va bene così, poco importa.. il tutto nella nostra nuova lingua, un misto tra portoghese, italiano, francese e inglese.. proprio nella costruzione stessa della frase.. roba da far raccapricciare Sergino il purista.. adesso so cos'è l'Esperanto.
Senza forzare ritroviamo Claudia e Sergio.. Cristian non lo vediamo da un po'.. troppo avanti, sarà già alle porte di Santiago.. e a Claudia questo fa sicuramente male, pare un cavallo frenato, ma sostanzialmente nessuno la tiene, è lei che resta.
Vien fuori un passato da ultrà, parole sue, di Claudia che sciorina un elenco di trasferte e tafferugli che meriterebbe il Daspo solo per averle rammentate, si finisce per parlar di Roberto Baggio e della finale di Avellino.. io e Sergio sdubbiamo non poco, ma la vita si sa porta a strade così differenti nel tempo che ci può stare..
Sostiamo a Trabadelo, da fermo sto una favola.. sparisce tutto.. ma si cammina muovendosi, questo è un dato di fatto.. incontrovertibile. Raggiungiamo Ambamestas, siamo ancora in Castiglia.. ci fermiamo nuovamente per far respirare i piedi, slaccio le scarpe con delicatezza, tra un laccio e l'altro mi fermo quei dieci-quindici secondi per darmi un tono, la scaramanzia rasenta livelli da malattia.. sfilo il calzino destro.. nessun danno irreparabile.. respiro a pieni polmoni mentre sento che ogni parte di me si sta rilassando, la vescica sul calcagno non si evolve, le dita stanno bene e io mi sento miracolato.. San Betadine.
Comincia la salitina.. asfalto, tutto asfalto oggi.. i polpacci godono, ripenso al trippone di Villafranca, mi faccio forza e mentre mi passano avanti due ragazzini con gli zainetti, le scarpe da tennis e un Michael Jackson d'annata sparato verso il cielo a tutta forza mi convinco e tiro fuori i bastoncini che mi ha regalato la Lau.. mi sento un po' come Fonzie quando deve ammettere l'errore, ma parto gagliardo per una salita sempre più impegnativa e finisco col rendere merito al ragazzone inglese del municipale.. ritmo e gambe più leggere, mai più senza.. è un cambio culturale, devo ammetterlo, e mentre "Beat it" svanisce nel nulla, anche Sergio mi sorride e approva la scelta.
Finalmente lasciamo l'asfalto, il tallone mi ringrazia e fa la ola in solitaria. Passiamo Faba e la salita continua, sbattendosene del nostro incedere sempre più timido, il terreno non aiuta, il tracciato spesso diventa impervio, i bastoncini sono davvero la terza e la quarta gamba, le mie seconde braccia.. sono tre ore di passione infinita con una pendenza degna delle dolomiti, sembrano finalmente terminare con un paesino di forse cinque case arroccato non si sa come quassù.. ci fermiamo ad una fontana, aspettiamo Daniella che piano piano ci ha lasciato andare per tenere un passo più lento, ma cominciano a salire altri pellegrini. A Cebreiro c'è un solo ostello con poco più di 100 posti letto, è un municipale, quindi non si può prenotare.. urge decidere il da farsi.. Decidiamo di dividerci, Sergio aspetta Daniella, noi due continuiamo la salita per fermare i letti.
Io e Claudia entriamo ufficialmente in Galizia una mezz'oretta più tardi, il passo è deciso, la partita è tesa, ed è sparito tutto.. ma non son le gambe, è la testa che mi manovra e non mi fa mollare, voglio solo arrivare.. non sento più niente, solo il rumore dei miei passi sul terreno.. tra me e Claudia un reciproco e rispettoso silenzio.. la fatica aumenta esponenzialmente, ma è ripagata dal panorama.. siamo altissimi.. la sensazione è quella di portare a compimento atti eroici, verremo ricordati con qualche onorificenza, non v'è dubbio.. una targa ce la meritiamo.. non alla memoria, sia chiaro, mi aspetto un comitato di accoglienza, la banda e i poliziotti a far da cordone per evitare che i fan ci assalgano.
Il paesino pare uscito da una fiaba, il municipale è a fine paese.. s'ha a patire fino in fondo.. Riappare Esvet, la bulgara di Foncebadon, ci viene incontro e ci tranquillizza.. il municipale è completo.. mando un msg a Sergio sperando che lo legga.. Claudia pare un automa, se ne batte il cazzo della bulgara.. ma questo l'avevamo un po' già intuito.. si va avanti, ci proviamo lo stesso.. sbagliamo entrata e ogni passo in più è una dolorosa perdita di tempo, un letto in meno, un peso maggiore.. la coda all'accettazione in effetti c'è.. ma questo non ci calma, ci affacciamo a cercar di capire la situazione, le facce sembrano tranquille ed il prossimo paese è a 5km, ne abbiamo già 29 sulle gambe, gli ultimi sei con la pendenza di una piramide e comunque il paesino proporrebbe solo 20 posti letto.. altri 20 se i km diventano 8 al paese dopo ancora.. e sono già le 17.. appare tutto così complicato.. potrei uccidere l'hospitalera se le vedo oscillare la testa da destra a sinistra e ritorno.
Tocca a noi due, ho con me la credenziale e il documento di Sergio, ma la signorina Rottermeier, al di  la del tavolino, mi fa intendere che se non c'è la persona sono inutili.. ci sono solo 6 posti letto... il panico mi sta attaccando le caviglie, lo sento che mi punta il ginocchio... Sergio e Daniella sembrano spariti.. me li immagino mentre ci guardano in attesa di una nostra decisione.. traccheggiamo un po', dobbiamo decidere per noi e per loro, fortunatamente mi squilla l'iphone, l'aiuto da casa.. Sergio:" ci sono, da solo. Daniella non arrivava.. dov'è l'ingresso?".. ricomincio a respirare.. decidiamo di prendere i tre posti letto e cercare una camera in paese, costerà molto di più ma è l'unica soluzione percorribile.
Ci sistemiamo, ultimo dei tre piani, mansarda.. siamo dei signori perché non abbiamo letti a castello.. tutto meraviglioso, ma ne sarebbe bastato uno in più per Daniella, uno solo in più.. niente doccia, torniamo in paese per Daniella, ma non arriviamo neanche all'uscita.
La brasileira ci ha preceduto, è seduta di fronte all'hospitalera, hanno appena dato via l'ultimo letto.. sarebbero bastati pochi minuti.. non regge, scoppia in lacrime.. singhiozzi degni di un bimbo di sei anni.. già parla portoghese, adesso non la seguo proprio più.. la stanchezza ci travolge tutti, Claudia cerca di spiegarle la dinamica.. sembra calmarsi, io e Sergio, valorosi, le guardiamo andarsene via di spalle verso il paese, camminiamo sul posto, tentiamo di giustificarci spalleggiandoci.. "la loro amicizia è più forte" (mentre ci liberiamo degli scarponcini), "Claudia sa come prenderla" (mentre inforchiamo le infradito e ci avviamo alle docce) "non c'è ombra di dubbio, Daniella vuole Claudia in questo momento" (mentre ci insaponiamo e l'acqua ci scorre addosso lavandoci via polvere e tensione accumulata).. ma ognuno resta nella propria doccia un tempo interminabile, io scimmiotto pure un po' di stretching.. una delle docce più lunghe da che sono in Spagna.. lavo via tutto e ricomincio almeno tre o quattro volte.. diventa un vero e proprio massaggio, ne avevo bisogno, esco solo quando son lesso.
Torniamo in camerata che si pare nuovi di fabbrica.. troviamo lo zaino e le scarpe di Daniella.. qualcosa sta andando diversamente da come ce lo eravamo raccontati..
Ci ritroviamo a cena,. con noi anche Esvet e Cristian, il francese dei duemila km.. deve essere arrivato da ore.. mi piace quest'europa qua.. nessuno impone, tutti si adoperano per tradurre e spiegare.. solo Claudia sembra accusare questa democrazia internazionale, non c'è un protagonista, tante comparse col solito copione.. non è più lei al volante, non gestisce e questo un po' lo patisce.. finiamo col non parlare più l'italiano e tempo poco si alza e ci saluta.. ognuno ha il suo cammino.. Sergio si fa serio, ci cerchiamo con gli occhi e ripensiamo alla nostra prima cena a San Martin del Cammino.. unici due italiani ad una tavola di spagnoli e brasiliani, ma a noi bastava esser li.. a cercar di capire, accettando di non capire, ad aspettare che qualcuno ci spiegasse in uno spagnolo scolastico il succo dei discorsi.. bastava aver pazienza e meno ansie da protagonismo.
Sparita Claudia finiamo di cenare e ci godiamo il fresco di queste montagne, ci ritroviamo inconsapevoli ad un vero e proprio show cooking.. un carlo cracco galiziano ci intrattiene spiegandoci come preparare l'originale caffè di queste terre, Daniella, brasiliana, terrà di caffè per antonomasia, guadagna curiosa le prime file.. io, Sergio, Cristian ed Esvet conquistiamo fieri le ultime per evitare interrogazioni sul finir della lezione. Il caffè in questione non è altro che l'orzo che mi rifilava la mi nonna da piccino.. tutto fa brodo e in questo caso è proprio acquaccia riscaldata..
Ce ne torniamo in albergue sfoggiando una magliettina omaggio della serata.. diventerà la mia tenuta per le buone occasioni..
Faccio un giro da brava massaia a sentire i panni stesi nel pomeriggio.. sono ancora molli, decido, insensatamente di lasciarli fuori per la notte.. bene, domattina saranno ancora più bagnati.. poco importa, asciugheranno a bandiera sullo zaino.
Ore undici, mi infilo nel sacco letto.. Sergio si attarda per le scale.. lo sento trafelato che ci raggiunge, si abbassa tra il mio e il letto di Claudia.. Daniella, nascosta nel suo sacco a pelo, è entrata di nascosto. Il pellegrino superbo, per paura di ritorsioni, la terrorizza in un francese appena soffiato, raccontandole di una discussione tra l'hospitalera e una tipa che di spalle pareva Claudia.. secondo lui l'hanno sgamata e per evitar epurazioni di gruppo la invita a costituirsi.
Daniella non si scuote più di tanto, si nasconde in bagno per un tempo non definito mentre l'hospitalera appare nel buio armata di torcia.. conta le teste e i letti.. come da piccini fingiamo di dormire e rialziamo la testa solo quando la ronda sparisce nel buio, il pericolo è scampato.. Daniella riappare nel suo sacco a pelo.. buonanotte clandestina..

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