... Nelle molte giornate del cammino da effettuare, ve ne saranno di radiose e di necessariamente in ombra ed è principalmente in queste che il pubblico dovrà farse maggiormente sentire vicino agli atleti. Il campionato non si arresta né alla terza, né alla quarta domenica [...] quindi: avere fermamente fiducia! La vittoria, ne siamo certi, bacerà ripetutamente il nostro vessillo... Luigi Ridolfi

giovedì 16 luglio 2015

Astorga-Foncebadon

Ore 5:20
gli occhi puntano il soffitto..
E' una sveglia naturale oramai..
qualcuno russa.. più di qualcuno in realtà, ma è colonna sonora..
qualcun'altro tira su col naso a un ritmo che ti entra in testa, par d'avere Sergio con i bastoncini che cammina sul posto.. altri entrano ed escono a preparar zaini e scarponi, c'è pure chi pensa di far piano e apre le zip a due all'ora.. uno stillicidio che rischia di perforarti il timpano..
E' l'ora di alzarsi, Sergino è nell'angolino in fondo alla camerata, separati per una notte.. ma son riuscito a prender sonno lo stesso, il fenomeno del letto accanto, in cammino con la mamma, ha chiuso pure la porta perché gli dava noia la luce del corridoio.. in sauna si stava più freschi.
Facciamo forse trenta passi, il fresco delle sei rimette al mondo, ci fermiamo subito al primo bar.. dimenticandoci volutamente la frutta comprata ieri sera, una frittatina, del latte e pane tostato.. dieci minuti di orologio e riprendiamo la via per la cattedrale seguendo le nostre frecce gialle, ripassiamo a voce alta i nostri punti cardine.. sveglia presto la mattina, cura dei piedi preventiva, ritmo nelle gambe per arrivare a dama prima che il sole ci cuocia la testa, ricerca di un letto, doccia e bucato... stop.. riposo.. descanso, il resto fa volume e nello zaino è bene non mettercelo.
Mentre usciamo dal paese Sergino è in vena di confidenze.. la più profonda riguarda il famoso cavallo, quello a cui non si deve guardare in bocca per intendersi.. mi guarda serio e mi confessa di aver capito in tarda età che Donato non era il nome del cavallo bensì un participio passato.
Cominciamo inconsciamente, non so quanto in realtà, a toccare con le mani tutti i segnavia che ci indicano il cammino, nessuno dei due sa bene il perché, ma di smettere non se ne parla, ci richiamiamo l'un l'altro nel caso di mancato rispetto di questo nuovo gesto da pellegrini poco equilibrati, mancarne anche uno solo ci indurrebbe dei gravissimi sensi di colpa misti a paure per chissà quali conseguenze, ci fa una sega a noi la scaramanzia.. siamo solo al terzo giorno.
A Santa Catalina veniamo sospinti da una brezzolina mattutina che sembra mandata apposta per goderne forza e freschezza, il vento e la bandiera vanno d'accordo, ma solo se è ben legata, allungo la mano alla cieca ricerca del giglio, attimi di panico risolti in tre secondi da Sergio che mi allunga lo stendardo come si fa coi neonati che cercano il ciuccio mentre dormono, ripiglio colore e continuo il mio passo... siamo indubbiamente due personcine sicure.
Questi primi km volano come ogni mattina, Sergino se ne esce con'altra promessa degna del miglior Renzi:"..tra un'ora la tappa è nostra..".. pagheremo per ogni parola, lo sento.
Entriamo a El Ganso, paesino abbandonato, foto di rito all'ingresso del paese per due toscani ancora in vena di sarcasmo, ci prendiamo la nostra pausina azzannando le pesche e le banane che avrebbero dovuto farci da colazione parcheggiati lungo la stradina principale.. in senso contrario al nostro arriva una fanciulla belga con un sorriso stampato e un cartello:"free hughs", pensavo fosse una minchiata di esclusiva proprietà di Times Square, mi sbagliavo.. Sergino si alza, abbraccia la biondina.. io, piedi all'aria, non ho il tempo di alzarmi, mi viene incontro e mi abbraccia da seduto.. ci saluta in tre secondi vaneggiando qualcosa che ha a che fare con Roma..
Si riparte e da subito comincia la salita, graduale per ora, verso Foncebadon.
Costeggiamo sempre la solita statale di due giorni prima, infinita, la nostra route 66.. una serie infinita di legnetti incastrati a croce nella recinzione alla nostra destra ci accompagna fino a Rebanal del Camino.
La salita si fa impegnativa.. la vegetazione e il paesaggio diventano un'angolo di Sardegna, il venticello aiuta ma non rilassa.
Voglio arrivare, tengo il passo.. Sergio accusa un po'.. tiene botta, ma con un passo decisamente più lento, il distacco si fa importante, ogni tanto mi fermo per riavvicinarci, non mi piace andarmene da solo, ma sento che faticherei a tenere un ritmo più basso.. diventerà il nostro elastico in tante altre occasioni d'ora in poi.. a parti invertite, oggi io, domani Sergio.. nessuna fuga, solo la necessità di dar fiato alle gambe in maniera differente.. impareremo ad apprezzare anche queste lontananze.
Raggiungiamo finalmente la vetta, millequattrocento metri sul livello del mare e si sentono tutti, nelle gambe e nell'aria, mi guardo intorno a faro, non c'è niente di più alto di noi.. aspetto Sergio per l'ingresso in paese.. par d'essere in un set cinematografico.. mancano solo il buono, il brutto e il cattivo.
Il paesino radunerà si e no venti case, di cui 5 almeno sono albergue.
Cerchiamo il parrocchiale, come indicato dal gruppetto di accoglienza a Astorga e infiliamo ovviamente in un privato.. non abbiamo le forze per riuscire e cercare l'altro, va benissimo questo. L'hospitalera ci fa fare il solito giro bagni-docce-scarponi fuori-camere-orario mentre la stanchezza ci sta conquistando sempre più rapidamente.. è tutto un annuire, anche se lo spagnolo vola che pare olio.
Siamo gli unici, non sono neanche le due, il pranzo al ristorante sopra l'albergue è rapido, ci aspetta il bucato giornaliero.. ci ritroviamo a stenderlo con un bel sole accompagnato dal vento che sa davvero di montagna.. è stata dura ma adesso seduto gambe a mezz'aria capisco che ne è valsa la pena..
Sergino stacca la spina e nel frattempo la camerata si riempie.. arriva una ragazza bulgara, una coppia italo-brasiliana che si incollerà a noi per i giorni a seguire e una cinese, o forse coreana, boh.. comunque occhi a mandorla, poche chiacchiere e tre cellulari.
La brasiliana, Daniella, è di San Paolo, l'italiana, Claudia, di Prato.. Ha amicizie in comune con Sergio e gli argomenti non mancano... arriva l'ora della cena.. che per noi pare più merenda ma le nostre giornate cominciano prestissimo e altrettanto presto si esauriscono.
Finiamo di cenare con l'hospitalera che ci racconta della ragazza americana sparita ad aprile proprio in questo tratto di Cammino, ci spiega delle continue ricerche della guardia civile e lo fa come si raccontano le favole ai bambini che non vogliono chiudere gli occhi.. ci parla di poliziotti in borghese che si fingono pellegrini, di altri che ci guardano dall'alto degli elicotteri o nascosti da cespugli.. utilizza una mimica e un ritmo di voce che finisce per catturare totalmente la nostra attenzione.. siamo tutti in attesa del finale.. mi aspetto un colpo di scena.. ma niente.. rapiti dal suo spagnolo che finisce per diventare una voce fuori campo, un filo di voce che sembra accompagnarci nel sonno..
Alle dieci e mezzo tutti a letto, la tappa è stata lunga e impegnativa, quasi trenta km.. mi guardo i piedi con l'espressione di chi la sa lunga, ma non è così, si chiama contegno, l'antinfiammatorio sparisce sul collo del piede, la prima vescichina del cammino sembra sotto controllo, ma di da un po' di pensiero.. un quarantenne tenuto sotto scacco da un mignolo, Claudia mi vede preoccupato oltremodo e mi da il betadine, che a sentir le leggende pare far miracoli, vedremo..
Ripenso al tipo fermato ad Astorga per le troppe ampollas... mi sento fortunato, ma non abbiamo ancora toccato i cento km..

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