... Nelle molte giornate del cammino da effettuare, ve ne saranno di radiose e di necessariamente in ombra ed è principalmente in queste che il pubblico dovrà farse maggiormente sentire vicino agli atleti. Il campionato non si arresta né alla terza, né alla quarta domenica [...] quindi: avere fermamente fiducia! La vittoria, ne siamo certi, bacerà ripetutamente il nostro vessillo... Luigi Ridolfi

giovedì 7 luglio 2016

Larrasoana - Zariquiegui

Lasciamo Larrasoana mentre il tempo ci fa brutto.. i primi passi in salita e l'umidità folle che ci arriva a pelle non mette bene, entriamo e usciamo da Ikarreta in tre secondi netti, un entraesci senza sosta e ci scapicolliamo giù per una discesina simpatica, improvvisa, bagnata come si deve e una serie di piastrelle che mettono a dura prova equilibrio e caviglie.
L'ardimento con cui abbiamo affrontato la salita è solo un flebile ricordo, la pendenza ci fa muovere come pinguini neanche tanto abituati alla modalità pattine nel salotto buono della nonna, arrischiamo più di una volta la derapata a rompersi le ginocchia e solamente la consapevolezza di esser sul cammino per Santiago evita richiami poco simpatici all'alto dei cieli.
Sono vere e proprie inchiodate, con la sensazione fredda che i freni siano stati sabotati, continui colpi al cuore, allo stomaco e alle tempie e solo a gambe ferme e sicure il battito rallenta per riprendere il ritmo di una persona serena e felice.. è un po' come mettere i pattini per la prima volta.. ma Dio Santo se arriviamo in fondo.. e con tutti i denti al loro posto, la nostra discesa libera freestyle l'abbiamo portata a casa, ma che fatica.
Sergio si sente in dovere di raccontarmi la dinamica del suo incedere, mi racconta che oramai è abitudine muovere i primi passi gagliardo, irrispettoso della distanza, superbo chiosa e questo in effetti glielo confermo pure io, ma mi confida di andarmi in crisi passati i primi sei, sette km.. un vero e proprio crollo verticale che gli si manifesta con un andatura completamente scollegata.. il segnale parte, ne è sicuro, ma non arriva come deve agli arti inferiori e si affievolisce pian piano accusando un calo di zuccheri esplodendo in una fatica indicibile che finisce per avere la meglio.. conoscendosi preferisce quindi lasciarsi andare.. ammorbidire il tono, smezzare il passo senza controllare più niente.. un bimbo alle prime armi con la batteria, i bastoncini sembrano tergicristalli impazziti.. riesce a riaversi solo passata la metà del tracciato e con un vero e proprio colpo di reni, uno slancio pieno di orgoglio cerca il goal della bandiera giocandosi il jolly sul finir della tappa.
Il sentiero costeggia un fiumiciattolo che, complice l'umidità, l'oscurità del bosco e le mini rapide che lo aggrediscono, diventa un po' il nostro Rio delle Amazzoni.. gli alberi si cercano sopra di noi in abbracci e strette degne della foresta pluviale.. il fango a terra ci appesantisce gli scarponcini e dopo mezz'ora smanio dalla voglia di uscir da quest'Argentina in miniatura.
Ore 8, come d'improvviso veniamo accecati dalla luce, il bosco ci rilascia dopo almeno due ore di parco avventura, costeggiamo un campo che ci regala aria e sole, il sentiero è asciutto finalmente ma la gioia dura poco, rientriamo nella boscaglia fitta per un altro quarto d'ora e ne riusciamo per prender d'infilata un ponte sulla nostra destra che ci fa oltrepassare Zuriain per buttarci senza pietà sulla provinciale.. una vera e propria lingua d'asfalto che ci fa quasi rimpiangere l'Amazzonia tanto odiata.
Entriamo in scia a quattro pellegrini che ci precedono all'orizzonte e piegano poi sulla sinistra lasciandoci soli alle ventate fresche che i Tir ci regalano assieme all'ansia dell'aggancio.. il Basco comanda sullo spagnolo, il cartelli e tutte le indicazioni ce lo spiegano a caratteri cubitali..
Finalmente pieghiamo pure noi sulla sinistra lasciando asfalto, tir e timori, lo sterrato s'inerpica per una salita con le montagne che ci aprono il loro panorama.. piano piano sparisce tutto intorno a noi.. Aria, cielo terso e il verde è alle spalle.. un vero e proprio oceano d'aria ci affronta con ondate degne della miglior California, intanto il fiume tormentato si perde sulla nostra destra sempre più in basso.. 
Il selciato si indurisce fino a diventar cemento ed è tutto un sali scendi tra case e campi fino a rincontrare a valle il nostro Rio che attraversiamo per costeggiarlo ancora sulla sua riva destra, due passerelle di legno ci riportano alla memoria antiche paure, finiamo per traversarle con la stessa spocchia che avevamo alle prime interrogazioni con la professoressa d'italiano e ci riappropriamo della terra ferma perdendoci nei primi campi di grano che la Navarra ci regala.
Attraversiamo di nuovo la provinciale per salir su per una pettatina ripida, aiutati da piccole terrazzine che la addolciscono un po'. Il paesaggio torna a parlami di Sardegna, di Elba... di mare e di Dolomiti insieme, è un contrasto continuo tra il verde degli abeti, altissimi sopra di noi, e il rosso delle terre brulle e dure delle due isole italiane, finalmente in lontananza alcuni palazzi degni di una qualsiasi periferia europea.. Pamplona.
Sono le 9 e mancano 8km, il sentiero resta a mezza costa tra le Alpi e l'Amazzonia per poi ridiscendere a fianco della provinciale che sottopassiamo e ci divoriamo un vero e proprio muro improvviso di ciottoli che spiana poi per un lungo e rigenerante tratto verso l'agglomerato di civiltà.
Il classico ponte medioevale ci fa entrare a Villavia, l'antipasto di Pamplona.. è ora di colazione, finalmente, mentre fanno capolino le prime magliette bianche abbinate al foulard rosso.. San Firmino ci aspetta.
Entriamo a Pamplona scavalcando un altro ponte che ci apre verso le mura del centro storico che ci accoglie da una porta con un vero e proprio tappeto di bottiglie e bicchieri, la festa è appena iniziata con l'Encierro e i pamplonesi non si fanno pregare nel festeggiare il loro Santo .. i tori per fortuna nostra han raggiunto l'arena durante le prime ore del mattino, qualche minuto di corsa per le calle del centro cercando di scansare folli corridori che fanno a gara con queste povere bestie a chi resta in piedi, massimo rispetto per le tradizioni, ma la nostra posizione sulla corrida e su queste esibizioni vanno dalla parte totalmente opposta a quella di qualsiasi basco presente.
Attraversiamo il centro storico stretti in un corteo bianco e rosso migliaia di teste, migliaia di sciarpe rosse.. finiamo per non muoverci più per volontà nostra, la folla gestisce il passo di tutti e non è un muoversi conscio, è un onda unica che si muove a strappi.. e noi zainati a dovere prendiamo il posto di due persone a testa, perdendo l'agilità che avevamo ostentato nella prima parte di questa tappa, il corteo finisce per intrappolarci in calle Mayor, il santo guida a dovere tutto il traffico, una banda e si ferma ogni tre passi.. rischiano di uscir da Pamplona a notte fonda.
Controcorrente recuperiamo spazio e manovra, aggiriamo Calle Mayor e filiamo via paralleli al corteo sbucando alla testa dello stesso.. lo sorpassiamo e ci infiliamo in un mercato che la globalizzazione rende identico a qualsiasi latitudine oramai, riusciamo a guadagnare due posti a sedere e con un insensata voglia di festeggiare scialacquiamo venticinque euro in due bocadillos, un piattino di pimientos e due birrette, manco dal Sanesi per una Fiorentina.
Ore tredici, salutiamo San Firmino, Pamplona e la loro folle corsa mattutina, ci allunghiamo verso la periferia sud della città e prima di uscirne ci salutiamo.. ognuno col suo passo arriveremo a tappa senza forzare il ritmo dell'altro.
Ore 14 arranco verso Cizur Menor, ultimo avamposto di civiltà prima che il grano s'impossessi del resto che c'è, è un'atmosfera differente quella che mi accoglie adesso, Pamplona sembra lontana secoli, il primo pomeriggio mi presenta il conto di un sole arrogante che si allea con distese infinite di grano e un selciato bianco che riflette e aumenta il caldo percepito.
Alle 14:40 un'isola felice, un'oasi davanti a me.. una boscaglia che mi regala ombra e fresco ma faccio in tempo a realizzarlo che mi ritrovo di nuovo al sole.. comincia l'ascensione all'Alto del Perdono e i pensieri si affollano dentro e intorno a me.. sento bene la sete che mi aggredisce la gola, cerco di calmarla con piccoli sorsi rallentando il passo senza fermarmi, conosco fin troppo bene le soste post pranzo e conosco ancora meglio la fatica nel ripartire.
La salita verso Zariquiegui è dolce, ma non sembra aver fine come il grano d'intorno, nessun rumore mi accompagna verso la fine di questa tappa.. sento solo il mio respiro, i miei scarponcini che grattano il selciato e solamente ogni tanto vengo accarezzato da una leggera brezza che finisce per cullarmi amaramente con abbracci carichi di temperature degne dei deserti africani.. il mare giallo che mi ondeggia intorno mi spinge solo a continuare.. mollare adesso sarebbe quasi pericoloso, ma l'idea che questo sia solo l'antipasto delle tanto rammentate meseta che troveremo dopo Burgos rischia di appesantirmi scarponcini e umore.
Rischio la sosta nei pressi di un bivio, all'ombra di un unico albero insieme ad altri tre pellegrini che scaglionati ripartono lasciandomi unico protagonista a godermi la discesa che mi son lasciato alle spalle..  gli occhi si riempiono di panorami da cinematografo, i nervi si rilassano e il cuore finalmente pompa con regolarità facendomi arrivare vere e proprie secchiate d'ossigeno.
Cinque minuti di orologio e riparto, poche decine di metri e il paesino mi da il benvenuto prima con una fontanella che ho santificato in tre o quattro lingue, poi con il coro dell'immancabile chiesa e Calle Mayor che in cento metri inizia e finisce le proprie abitazioni, l'Albergue è li, poco più avanti rispetto alla chiesa che sembra aspettare solo me.. d'intorno il nulla.
Venti minuti e appare il prof.. anche lui provato ma soddisfatto, le camerate sono sfruttate in ogni loro angolo e sono esaurite in ogni ordine di posto, lo spazio vitale è ridotto al minimo indispensabile, ci scambiamo a fatica tra i letti a castello e il caldo del giorno sembra aver la meglio sulle temperature serali che non ne vogliono sapere di scendere. Patiremo la mancanza di ossigeno e la presenza di un caldo eccessivo stanotte lo sappiamo già.. e il sudore che ci conquista i centimetri di pelle appena usciti dalla doccia ne è la conferma. 
Gli unici tre tavolini presenti all'esterno dell'albergue sono in overbooking così ripieghiamo sulla saletta d'ingresso finendo per devastarci con una cena degna di un battesimo partenopeo.
Il bisogno di aria fresca e ossigeno ci spinge verso il più classico dei giri in paese, il silenzio e la pace regnano incontrastati e la passeggiatina post cena ci vede di rientro in pochi minuti, Zariquiegui è un vero e proprio pugno di case ma la birretta a chiudere la serata in vetta a questo mondo sperduto pochi chilometri dopo Pamplona fa la pace con la fatica che ci è costata questa tappa.

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